Un video pubblicato online documenta l’uccisione dell’ostaggio americano Abdul-Rahman Kassig per mano dei jihadisti dell’Isis. Nel filmato un militante mascherato mostra una testa recisa che si dice essere di Kassig. Il volontario americano prima di convertirsi all’islam si chiamava Peter ed era un soldato dell’esercito Usa. Un anno fa era stato catturato dall’Isis in territorio siriano. Ne abbiamo parlato con Gian Micalessin, inviato di guerra, che tra ottobre e novembre è stato per quattro settimane in Siria come inviato de Il Giornale. Per Micalessin, il colloqui tra Usa e Iran sul nucleare previsti tra sette giorni potrebbero segnare la svolta per quanto riguarda la politica americana in tutto il Medio Oriente.
Come legge l’ennesimo episodio di sangue della decapitazione di Kassig?
E’ uno dei video più terribili che sia mai stato mandato dall’Isis, perché non è mostrata l’esecuzione di Kassig ma si vede la decapitazione di 18 prigionieri siriani. Ciascuno di questi ultimi ha un suo decapitatore. La cosa più tremenda è che questi 18 soldati siriani hanno facce come le nostre. Sono volti sbarbati di ragazzini e padri di famiglia. Chi li uccide invece ha il volto dell’orrore, sono uomini barbuti, incappucciati, persone che arrivano dai quattro angoli dell’universo e sono uniti soltanto per portare a termine questa terrificante mattanza.
Queste nuove esecuzioni nascono anche dal fatto che l’Isis è messa sotto pressione dai raid aerei?
L’Isis non è particolarmente sotto pressione. Io sono stato in Siria per quattro settimane e non ho visto un solo bombardamento Usa. Eppure sono stato a Qamishli, una città circondata dall’Isis. Può darsi che gli Stati Uniti abbiano fatto un “centro” ferendo Al-Baghdadi o gli stessi decapitatori degli ostaggi occidentali. Ma fare un centro non significa vincere la guerra.
La Casa Bianca ha deciso che per combattere l’Isis bisogna prima eliminare Assad. Lei che cosa ne pensa?
Questa decisione è basata su un’invenzione, cioè sul fatto che esistano dei ribelli assimilabili agli ideali e alla visione dell’Occidente, quali democrazia e liberalismo. Per trovare questi combattenti l’America dovrà crearli in vitro o importarli da qualche parte. Il problema è che creandoli o importandoli rischierebbero di passare tra le fila di Al-Nusra o dell’Isis.
Obama ammetterà di aver sbagliato su Assad?
E’ difficile che Obama, il quale ha già una serie di errori da riconoscere, possa permettersi di ammettere di avere sbagliato anche su uno degli elementi fondamentali della sua politica estera. Ciò che può accadere è piuttosto un’altra cosa. E’ in corso un grande negoziato sul nucleare con l’Iran, il grande demiurgo dell’asse sciita. Se Obama arrivasse a un accordo con l’Iran sul nucleare il 24 novembre, allora anche la politica Usa, fin qui fallace, potrebbe cambiare completamente.
Com’è la situazione sul terreno per quanto riguarda i rapporti di forza tra le diverse fazioni in Siria?
Il Paese è diviso in tre parti, da un lato tutta la parte nord-orientale è nelle mani dell’Isis. Le principali linee viarie del Paese da Damasco ad Aleppo, le due città principali, sono invece sotto il controllo del governo. In altre zone abbiamo inoltre dei gruppi non jihadisti che combattono nelle campagne intorno alle città controllate dall’esercito. Sostanzialmente è una situazione di stallo, perché nessuno ha le forze per avere la meglio sugli altri.
Che cosa ha scoperto per quanto riguarda il sostegno della Turchia all’Isis?
I curdi mi hanno mostrato la piastrina di un soldato turco recuperata in un campo di addestramento dell’Isis. Mi hanno inoltre fatto vedere i passaporti dei combattenti stranieri, nonché di jihadisti provenienti dall’estero, i cui visti documentavano che per entrare nelle basi di Al-Nusra e dell’Isis erano transitati dall’aeroporto di Istanbul. Il sostegno della Turchia all’Isis era già noto, ma più passa il tempo e più emergono nuove prove.
(Pietro Vernizzi)