Che dall’Europa siano partite decine di migliaia di persone, convertite o meno, per andare a combattere con Isis questo non lo scopriamo certo con l’identificazione di un francese e un gallese durante un’esecuzione.
Fino a qualche settimana fa la comunicazione e l’informazione mondiale tendevano a minimizzare numeri che già all’inizio dell’anno erano abnormi; si tentò di far passare questa emorragia per una banale mania di emulazione, per cui solo poche centinaia di europei erano andati a farsi ammazzare e ad ammazzare in quei teatri di guerra. Come sempre quando si tratta di denunciare atti e fatti che riguardano l’estremismo di stanza in Europa, chi denunciò le partenze di massa venne deriso per poi avere puntualmente ragione. Questi due giovani non sono e non saranno né i primi né gli ultimi ad apparire in questi filmati, come è stato per il jihadista inglese “John” comparso nel video di decapitazione di James Foley.
Il gioco è palese, anche se in molti ancora fanno finta di non voler capire: il jihadismo vuole che noi vediamo, in Occidente, i volti dei figli della nostra società al servizio del loro ideale, i volti dei giovani europei che rinnegano ogni concetto di libertà e di vita per abbracciare un ideale di morte.
Occorre essere attenti, perché ormai la presenza di europei fra le fila dei boia di Isis surclassa del tutto la decapitazione stessa, fatto attestato dalla semplice constatazione che noi stessi, ora, ne stiamo parlando. In quei video il concetto che emerge è che è in corso una guerra fratricida, europei che uccidono altri europei per la causa del jihad, come musulmani uccidono altri musulmani. I volti di quei giovani, di quei convertiti, di quei figli d’Europa è il simbolo di quella che loro considerano una vittoria per sé stessi e una sconfitta per noi. E non hanno del tutto torto, perché nonostante la loro propaganda sia straordinariamente efficace, anche e soprattutto quando annaffiata da torrenti di denaro, è l’Occidente stesso a non riuscire più a trattenere la marea. Un’estremizzazione ulteriore che sfocia nella ferocia disumana a cui è molto complesso, con le mani legate, contrapporsi. L’Europa non ha più armi per difendersi da questo saccheggio umano e sociale, prima che economico e finanziario.
Hanno riempito il vuoto valoriale europeo e occidentale, hanno capito cosa inserire nella nostra società e dove; è vero, il potere del denaro molto gioca in questa partita, ma il fenomeno del “convertitismo jihadista militante” non è certo nuovo pur avendo innestato una marcia diversa e più spedita dall’inizio della guerra in Siria. Anime in cerca di qualcosa trovano quel qualcosa nella peggiore delle devastazioni ideologiche, la deformazione del dettato originario dell’islam. Nel salafismo radicale e terrorista, finanziato da oscuri emiri il cui solo obiettivo è saccheggiare l’Occidente.
Studenti, lavoratori, normali cittadini, donne, uomini, ragazzi e ragazze anche molto giovani partono dopo essere stati preda del proselitismo galoppante dell’estremismo europeo. E quand’anche vogliano tornare indietro sono ormai ostaggi della follia che li ha spinti ad andare.
La favola della povertà, della crisi d’identità, del disagio che arruola da solo braccia per la manodopera jihadista, del disadattamento e dell’incapacità di integrarsi finalmente ha fatto il suo tempo e ha lasciato spazio a quel che veramente questo fenomeno è: studiato, elaborato, portato a termine con freddezza ed efficacia chirurgica. Dagli anni 90 in poi il meccanismo si è messo in moto, non solo in Europa ma anche in alcuni Paesi arabi: dalle moschee fai da te, guidate da sedicenti imam improvvisati, passando per i forum jihadisti sul web e addirittura alcuni gruppi sui social networks, le trappole sono state posizionate da tempo e una volta che se ne chiude una se ne aprono altre cento. Grazie all’inadeguatezza e all’incapacità politica e umana delle élites governanti. Nel nostro sostrato sociale ci sono occhi che affondano senza difficoltà in un ventre molle, ormai prono a qualsiasi sollecitazione, vicino all’ulcera sociale e politica.
La domanda che il mondo deve farsi, almeno quello che non ha cospirato per aiutare l’emersione del jihadismo, riguarda dove e quando ha sbagliato, ma soprattutto come sopravvivere al male che cresce e si rinforza. Chi è disposto a mettere le mani nella propria coscienza e riconoscere che anche dal suo silenzio è scaturita un’ideologia omicida e criminale su scala globale? Una parte di mondo è disposta a rinunciare al salafismo, mentre l’altra al multiculturalismo che ne ha permesso l’ingresso e l’avanzata indiscriminata in Occidente?