Monignor Sigitas Tamkevicius racconta i suoi giorni in cella come prigioniero del KGB. “Davo le spalle alla porta, con l’astuccio degli occhiali sul tavolino; un astuccio giallo di plastica dove avevo collocato un pezzo di pane e un piccolo recipiente con un po’ di uva passa. Aspettavo che il compagno di cella si addormentasse e poi, lentamente, iniziavo a spremere l’uva passa tra le dita fino a ottenere qualche goccia di vino che in casi eccezionali risultava valido per celebrare l’Eucaristia. Celebrare la Messa in quelle circostanze mi dava una forza speciale, senza la quale non avrei potuto resistere. A volte dovevo celebrare steso sul letto, a notte fonda, con le Sacre Specie sul mio petto, trasformato in altare. Dopo la consacrazione, consumando il Corpo e il Sangue di Cristo, una gioia indescrivibile si impadroniva di me”. È il racconto di Monignor Sigitas Tamkevicius, oggi vescovo di Kaunas (Lituania), rivelato nel libro El baile tras la tormenta (editrice Rialp) scritto da José Miguel Cejas. Tamkevicius è stato messo a dura prova quando le autorità sovietiche lo hanno arrestato per interrogarlo. Era il 1983 quando lo fecero salire su una camionetta del KGB. “Volevano sapere chi erano i redattori de La Cronaca della Chiesa Cattolica in Lituania, e come arrivava all’estero. L’idea della Cronaca era venuta a me e ad altri quattro sacerdoti negli anni Settanta.” Otto agenti lo interrogarono un giorno sì e uno no per sei lunghi mesi. “Dio mi ha dato la forza di non tradire nessuno in quel periodo terribile, neanche nei momenti di maggiore debolezza.” Ne dà notizia “Atelaia.org”. (Serena Marotta)