NEW YORK — Ha il potere di fare quel che sta facendo? Sta facendo la cosa giusta? E perché proprio ora? La Executive Action che Obama ha annunciato ieri sera arriva come un fulmine (atteso) nel cielo già tempestoso dell’immigrazione clandestina. 

Stasera milioni di famiglie tirano un sospiro di sollievo mentre altre faticano sempre più a riconoscersi in questo paese e nel suo presidente. Dopo averci detto che ci sono cose per le quali la politica non basta, cose per le quali occorre un “reasoned, thoughtful, compassionate debate“, un dialogo ragionevole, approfondito e pieno di compassione, dopo averci ricordato che siamo un paese fatto e costruito da immigrati, Obama ha deciso per conto di tutti gli americani. Dopo aver ripetuto un’infinità di volte negli ultimi due anni che per quanto lo avrebbe voluto non poteva sostituirsi al ongresso nell’assumere decisioni sulla questione dell’immigrazione (“Sono il presidente degli Stati Uniti, non l’imperatore”), ha pescato a piene mani da quel potere esecutivo che la Costituzione gli riconosce per mettere una pezza ad un problema che ha assunto proporzioni drammatiche.



Con due “forse”: “forse” ha ecceduto i suoi poteri, “forse” la pezza è solo un’illusione animata dal bisogno politico impellente di dare una boccata d’ossigeno ad un mandato presidenziale che sta avvizzendo. Si calcola che in giro per gli States ci siano qualcosa come una dozzina di milioni di immigrati undocumented, illegali. Sono ormai decenni che i vari presidenti che si sono succeduti, da Reagan a Bush, hanno tentato di rabberciare la questione con questo genere di provvedimenti straordinari, ma mai nessuno aveva azzardato una mossa di tale impatto. 



L’azione di Obama, effettiva da subito, toccherà l’esistenza di milioni di persone che da anni vivono e lavorano (per lo più in condizioni di semi-sfruttamento) in un paese dove non sono nati e dove sono entrati in qualche modo attraversando di sotterfugio, in qualche remoto angolo, il border, il confine. Vivono una vita vera, sì, ma nel nascondimento, nel timore che una sera a casa arrivi la polizia. Per deportarli. 

Per ordine del presidente, da oggi ciò non potrà più accadere per coloro che abitano qui da almeno cinque anni, hanno figli che sono cittadini americani o legittimi residenti, ed una fedina penale senza macchia. Anche ai Dreamers, i piccoli traghettati negli Stati Uniti da genitori desiderosi di offrire loro un qualche futuro, verrà offerta protezione. 



Niente amnistia — ha detto Obama — niente free pass alla cittadinanza, niente status permanente, niente benefici della Healthcare Reform, ma una qualche forma di legittimazione che permetta una normalità di vita, per quanto temporanea. Si parla di 5 milioni di esseri umani. “Venite a registrarvi”, ha chiesto Obama, “uscite allo scoperto, venite a mettervi a posto con la legge. Non vi deporteremo.” Parola del presidente, una parola che ha forza di legge. Solo il nuovo congresso che si insedierà a gennaio, o il prossimo presidente potranno liberarsene. 

Si possono fare mille obiezioni, e mille obiezioni sono già state sollevate. È  molto probabile che il Congresso, a netta maggioranza repubblicana dopo la schiacciante vittoria delle midterm elections, si adopererà per far fuori al più presto il provvedimento presidenziale. Già in tanti si stracciano le vesti gridando che Obama, avocandosi poteri che non ha, ha bestemmiato contro la Costituzione. C’è anche chi ipotizza che prima o poi la questione finirà nelle mani della Corte suprema, e lì saranno tempi lunghi. 

Ma poi, è un’idea che può funzionare? Come si determinerà da quanto tempo un immigrato è nel paese se non c’è traccia di quando è entrato? E che ne sarà tra qualche tempo di quelli che si mettono in regola oggi? Quale futuro? Un provvedimento del genere non spingerà chissà quanti a tentare di passare il confine nella speranza che qualcosa di analogo possa essere offerto un giorno anche a loro? Ed è giusto nei confronti di chi in questo paese è arrivato legittimamente?

Come nel caso della riforma sanitaria i punti interrogativi sono infiniti, ma esattamente come rispetto al cruciale problema dell’Healthcare, Obama — qualunque siano i motivi che l’hanno animato — si è mosso, un passo l’ha fatto, i Repubblicani no. Per due anni hanno platealmente rifiutato qualsiasi tipo di discussione (e voto) sul tema.

Insolitamente, ad un certo punto del suo breve discorso Obama ha citato le Scritture: “Non opprimeremo uno straniero, perchè conosciamo il suo cuore — anche noi siamo stati stranieri”.

Che l’abbia detto sinceramente o meno, poco importa. Quel che importa è che è vero.

Ci sono cose, le più drammatiche, su cui la politica deve prendere coscienza del suo compito. Saranno tentativi ironici, ma dobbiamo provarci, insieme.