NEW YORK — Qualunque cosa il Grand Jury avesse deciso non sarebbe finita bene. La storia era cominciata troppo male per finir bene. Quando un ragazzo di 18 anni viene ucciso, il male ha già vinto la sua sfida. Rispondere con altra violenza non fa che confermarne la vittoria.
Tutti aspettavano la pronuncia del Grand Jury, e la pronuncia, dopo lunghi giorni, è arrivata, rigettando la possibile incriminazione di Darren Wilson, il poliziotto che il 9 agosto scorso uccise a colpi di pistola Mike Brown, un ragazzone di colore. Tragica conclusione di un alterco che nessuno sembra sapere esattamente come sia andato. Si sa solo com’è finito.
E all’improvviso, ancora una volta, l’America, la grande, democratica America si ritrova lacerata dalla questione razziale. Wilson ha ucciso perché la vita di un nero non vale niente, e la Giuria lo manda a casa perché è bianco. Eccoci qua, con il mondo in bianco e nero e la giustizia che non esiste, asservita alla razza padrona. È così?
Robert McCulloch, il Prosecutor della contea di St. Louis, nella conferenza stampa immediatamente dopo la pronuncia del verdetto, ha cominciato sparando a zero sui media. La “cinematograficizzazione” della tragedia, l’ossessiva, martellante insistenza sul fattore razziale, secondo il pubblico ministero ha costituito il più grande ostacolo all’esercizio della giustizia. Adesso, mentre scrivo, quel grande cinematografo che è la televisione mostra immagini di proteste un po’ in tutto il paese. Ferguson, ovviamente, la cittadina di 20mila abitanti nel Missouri dove i fatti sono avvenuti. Un paio di auto della polizia e tre edifici in fiamme, qualche negozio saccheggiato.
Nulla di catastrofico, almeno per ora, ma abbastanza per tenere impegnati tutti i soliti sapienti della Cnn. Per quanto stupido McCulloch sia stato, sembra quasi che il mondo della comunicazione si augurasse qualcosa di più spettacolare. Alla Cnn stasera parlano solo afro-americani. La Cnn è più stupida e settaria di McCulloch. Anche Obama ha parlato. Lui, il primo Presidente nero, a dover ricordare a tutti che siamo uno Stato di diritto, che non c’è giustizia al di fuori della legge. Possiamo fare meglio, ha detto, faremo meglio, e tanto abbiamo già fatto.
Mi viene una grande tristezza. Ma la grande tristezza non sta né nel discutibile verdetto, né nelle parole ordinarie ed insulse del Presidente o in quelle faziose del Prosecutor McCulloch. Non sta neanche nei lacrimogeni lanciati dalla polizia e neppure nella disgustose scene di vandalismo e sciacallaggio. La grande tristezza sta nel fatto che tutto sembra pretesto. No, non è che “sembra”, tutto è pretesto.
C’è rabbia in alcuni, c’è eccitazione o “sdegno intellettuale” in altri ed ognuno gioca il suo gioco, usando le carte che ha, per vincere una partita priva di significato che sia portare a casa qualcosa da un negozio saccheggiato o saccheggiare la testa di chi segue le news. In nulla di ciò che vedo e sento stasera c’è dolore. In nulla c’è sete e fame di giustizia. Il dolore è un grido appassionato, la fame e sete di giustizia un’opera comune.
Dove sono?
Dovremmo pregare tutti il Padre nostro, perché non c’è altro modo per essere fratelli che riconoscersi nello stesso padre.