Martedì gli Stati Uniti votano per le elezioni di Mid Term per rinnovare metà dei seggi del parlamento. I Repubblicani sono convinti di poter strappare la maggioranza al Senato e di conquistare alla House of Representatives il loro miglior risultato dal 1928 a oggi. La possibilità di una vittoria storica dei Repubblicani alla Camera, dove hanno già 233 seggi contro i 199 dei Democratici, è stata messa in secondo piano dalla battaglia per il Senato. Ne abbiamo parlato con Massimo Gaggi, corrispondente del Corriere della Sera dagli Stati Uniti.
Come si spiega la perdita di consensi dei Democratici?
Obama ha commesso alcuni errori, ha promesso troppo e ha mantenuto troppo poco ed è stato sempre attaccato. Ciò ha creato un senso di isolamento e di sfiducia verso il presidente, che oltretutto è molto “cerebrale” e quindi è visto dai Democratici come un politico abbastanza lontano dal partito. Durante la campagna di Mid Term i candidati democratici non lo vogliono con sé, e le uniche apparizioni pubbliche che ha fatto sono avvenute per cercare di smentire il suo ruolo da “paria”, parlando in piazze dove il candidato democratico aveva un vantaggio su quello repubblicano di più di 10 punti.
Perché gli Usa voltano le spalle a Obama in un momento in cui l’economia sta crescendo?
Nonostante la ripresa del Pil, la distribuzione del reddito continua a essere molto polarizzata. Lavoratori e ceto medio non stanno beneficiando di questa ripresa. Il malumore di gran parte degli elettori, soprattutto di quelli che dovrebbero essere difesi dai Democratici, è molto elevato. I neri, che speravano in un riscatto grazie al presidente Obama, invece si trovano più poveri di prima, e probabilmente non andranno a votare con un grande entusiasmo, e comunque con una bassa affluenza. Il ceto medio bianco ha una stagnazione dei redditi, e il fatto che l’economia cresca e che i professionisti girino con la Bmw aumenta i malumori verso Obama.
Che cosa bolle nella pentola dei Repubblicani?
I Repubblicani vinceranno le elezioni, anzi forse le stravinceranno. La cosa più preoccupante è che si tratta di un partito che non ha un leader né una linea politica omogenea e definita. Anzi c’è una spaccatura profonda tra l’ala radicale dei Tea Party, che riuscirà a far eleggere parecchi candidati, e l’establishment moderato. A queste elezioni i Repubblicani conquisteranno la Camera, che già controllavano, e con un 60-70 per cento di probabilità conquisteranno anche il Senato. Da mercoledì, cioè dal giorno dopo il voto di Mid Term, si inizierà a pensare alle presidenziali.
Da questo voto di Mid Term stanno già emergendo le teste di serie per la corsa alla Casa Bianca?
Siamo ancora abbastanza lontani dalle Primarie. In campo democratico a parte Hillary Clinton abbiamo veramente poco. Il governatore del Maryland, Martin O’Malley, è un personaggio carismatico. Il sindaco di San Antonio, Julian Castro, è stato usato come pivot speaker alla convention di due anni fa e da allora non sembra avere fatto cose significative. Nel campo dei Repubblicani al momento Jeb Bush sembra essere il candidato più probabile. Anche questo finirà per dare il segnale di una democrazia un po’ malata: se la battaglia per la Casa Bianca sarà disputata da due dinastie, questo darà un’idea quasi monarchica del presidenzialismo Usa. L’altra possibilità è quella di una ricandidatura per la terza volta di Mitt Romney, che potrebbe avere delle chance così come ne avrà Jeb Bush. In molti dicono che lo slogan della campagna dei Repubblicani potrebbe essere “il Bush giusto contro il Clinton sbagliato”.
(Pietro Vernizzi)