Le forze fedeli al presidente siriano Bashar Assad e i combattenti dello Stato Islamico si evitano sul campo di battaglia, concentrandosi nell’eliminare i ribelli siriani legati ad altre sigle. E’ quanto emerge da un rapporto del Jane’s Terrorism and Insurgency Center’s (JTIC) con sede nel Regno Unito. Ne abbiamo parlato con il generale Carlo Jean, esperto di analisi militari.



Ritiene che l’analisi dello JTIC sia attendibile?

Sì, dal momento che l’Isis è attaccato dagli americani, Assad concentra le sue forze contro i ribelli locali che per di più sono estremamente divisi. In un recente rapporto il servizio di ricerche del Congresso Usa ha reso noto che l’Esercito Siriano Libero è frammentato in 1.500 gruppi. Questi ultimi sono in competizione tra loro e rischiano di trasformare la Siria in un’altra Libia.



Qual è stato l’effetto dei bombardamenti americani?

I bombardamenti americani hanno favorito Assad, che ha riconquistato ampie fette di territorio nelle zone di Iblis e Aleppo. In questo modo ha consolidato il suo controllo dell’asse che va da Damasco a Homs fino alla zona alawita.

Perché il governo siriano non combatte contro l’Isis?

Perché è impegnato contro il nemico prioritario, cioè i moderati della rivolta siriana. L’Iran può essere un alleato dell’Occidente contro l’Isis? Iran e potenze occidentali scambiano dati di intelligence sugli obiettivi da colpire, e di conseguenza attuano un’azione piuttosto convergente. Parecchi americani pensano inoltre che Washington dovrebbe aprire colloqui con l’Iran in modo da convincere Assad a ritirarsi, così come è stato fatto in Iraq con Al-Maliki. A ciò si aggiunge un altro fattore importante…



Quale?

Nel lungo periodo gli Usa sono preoccupati per la dipendenza dell’Europa dal gas russo, ma l’unica alternativa a quest’ultimo è quello iraniano. Ci vorranno circa sette anni per portare il gas dal grande giacimento iraniano Pars 2 al confine con la Turchia e convogliarlo quindi verso l’Europa.

Gli attentati alla periferia di Baghdad continuano a ripetersi. La capitale rischia di essere presa?

E’ difficile conquistare una città da 4 milioni di abitanti. L’Isis non ha forze sufficienti per conquistare la capitale, anche perché quest’ultima è a maggioranza sciita a differenza di Mosul che è a maggioranza sunnita.

Che cosa ne pensa della milizia anti Isis formata dai cristiani di Ninive?

E’ un fatto normale, perché lo Stato islamico minaccia soprattutto i cristiani. Anche in Siria i cristiani sostengono Assad ed Hezbollah. Quest’ultima ha addirittura interi battaglioni formati da cristiani per combattere l’Isis e i sunniti di Al-Nusra, che sono legati ad Al-Qaeda.

 

I cristiani possono avere un ruolo nel contrastare il Califfato?

I cristiani sono sempre stati organizzati con loro milizie e hanno sempre avuto un ruolo. Una delle divisioni più combattive dell’Esercito di Assad è costituita da cristiani legati sia alla Chiesa cattolica sia a quella ortodossa che combattono contro lo Stato islamico.

 

L’Italia può fare di più in Iraq e Siria?

E’ difficile dire che cosa possa fare di più l’Italia. Il mood del mondo politico e dei media italiani è sostenere i curdi e la loro resistenza allo Stato islamico.

 

Che cosa si aspetta per il futuro?

Ci troviamo di fronte a una situazione di stallo che durerà, almeno finché il fronte pro-Assad non si spezzerà. Chi può romperlo sono soltanto Iran e Russia in cambio della possibilità di mantenere la loro influenza sulla Siria.

 

(Pietro Vernizzi)