Come una serie di piccole esplosioni a catena in luoghi diversi, azionate da un meccanismo alla fonte. Da un lato all’altro del mondo, da Riyadh a Sydney ogni singola deflagrazione pare voler segnare un passaggio di questo fine d’anno incerto, ma assai significativo per la geopolitica e l’attualità internazionale; partiamo da un fatto che qui, in Italia, nessuno forse conosce ovvero la serie di scontri a fuoco e aggressioni in Arabia Saudita, culminate con la sparatoria di lunedì in cui un uomo armato di mitragliatrice, poi giustiziato, ha preso in ostaggio tre persone e ucciso un poliziotto saudita nei pressi di Riyadh. 



Passando per gli arresti di massa in Turchia da parte del governo Erdogan, che ha messo le manette a più di 30 giornalisti perché colpevoli di essere sostenitori del moderato Fetullah Gülen, e poi per il blitz della polizia francese fra Parigi, Tolosa e Normandia che ha sgominato una rete criminale intenta al reclutamento e invio in Siria di jihadisti. E per finire con l’assedio a Sydney: un uomo armato che tiene in ostaggio decine di persone in una cioccolateria mostrando una bandiera nera del salafismo armato e minacciando di far esplodere degli ordigni. E che nel blitz viene ucciso, causando anche la morte di due ostaggi. 



È in corso uno scontro globale, sotterraneo ma violentissimo, fra le varie forze che animano lo svolgersi della storia mondiale tale da modificare profondamente gli equilibri complessivi. Proprio sul calare di questo 2014 tormentato dalla crisi e dall’incertezza globale, emerge in tutta la sua chiarezza come tendenze legate all’estremismo, che hanno dominato sostanzialmente i precedenti quattro anni, abbiano oggi a che fare con una situazione mutata, segnata da un ideale di libertà e di convivenza non più appiattita sul buonismo e sul relativismo multiculturale. 

Proprio in quell’Arabia Saudita che è stata finanziatrice e sponsor primario, assieme al Qatar, della primavera araba, oggi scoppiano disordini e girano armi incontrollate, cosa che prima mai sarebbe potuta accadere e questo succede, guarda caso, proprio quando Riyadh passa nel campo opposto e torna a legare il suo destino a quello degli Usa contro Isis, di cui teme un’infezione che la porterebbe a morte certa. 



In Turchia la repressione di Erdogan, che da anni cova il malcelato desiderio di trasformare il Paese in un sultanato simil-ottomano, inizia a farsi pesantissima e prende di mira i moderati, arrestando giornalisti in massa e tentando di spegnere i barlumi di pluralismo che ancora mantengono viva l’anima della Turchia libera e moderna. Proprio quando la polemica sul suo modo di governare e sulla sua volontà restauratrice dei costumi reazionari inizia a divenire globale, sotto gli occhi di tutti a causa della visita del Papa. 

La Francia, in concomitanza con il declino del pensiero multiculturale e dell’asse politico e ideologico con gli Usa, decide di mettere fine ad un ampio e fitto sistema di proselitismo, reclutamento e invio nei teatri della jihad che si era installato sul suo territorio, da Parigi alla Normandia passando per la regione di Tolosa; crolla il sistema di indottrinamento multiculturale e assieme ad esso l’architrave che aveva permesso la creazione di una rete di connivenze e di silenzi utili all’estremismo e alla sua espansione. 

E sul finire di questa concatenazione i fatti di Sydney, nei quali si rimarca con forza che l’integralismo è presente in ogni dove e che può colpire dove vuole, passando per le mentite spoglie di un uomo o una donna qualsiasi, all’apparenza normali e totalmente estranei a queste dinamiche mentre al suo interno cova una bomba pronta ad esplodere. E che circola sulle tv e sui media di tutto il mondo. Cani sciolti dediti ad azioni solitarie ma inerenti ad un solo e unico obiettivo: destabilizzare le certezze occidentali e “marcare” il territorio, proprio quando il mondo inizia a capire da dove arriva l’ondata jihadista targata Isis e dove essa voglia andare a parare. 

Siamo di fronte ad uno scontro senza esclusione di colpi che investe la geopolitica internazionale e che già ci lascia intuire come sarà il nostro domani, fino a ieri sferzato dalle fronde legate all’accoglienza a tutti i costi, alle manovre di accerchiamento dei moderati che ogni giorno si trovavano sempre più soli e alla censura che viene ancora oggi imposta a chi denuncia le storture e i rischi dell’integralismo infiltrato. E che oggi, in maniera repentina e inaspettata, inizia a vedere i primi scricchiolii in quella che pareva un’avanzata senza ostacoli.