Un atto non vincolante, ma molto politico e senza precedenti. Il Parlamento europeo si è pronunciato a favore dell’indipendenza della Palestina con una risoluzione (approvata con 498 sì, 88 no e 111 astensioni) che sostiene “in linea di principio” il riconoscimento dello stato palestinese sulla base dei confini del ’67 e indica nell’esistenza di due stati, con capitale unica Gerusalemme, la strada da seguire per nuovi colloqui di pace. Ma la giornata di ieri è stata significativa anche per la decisione della Corte di giustizia Ue di togliere Hamas dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Dura la reazione di Benjamin Netanyahu: “Oggi abbiamo visto esempi sconvolgenti dell’ipocrisia europea” ha commentato il premier israeliano. “A quanto pare troppe persone in Europa — ha aggiunto — nella stessa terra dove 6 milioni di ebrei sono stati massacrati, non hanno imparato alcunché”. Il commento di Enzo Cannizzaro, docente di diritto internazionale nell’Università La Sapienza di Roma.
Come valuta la risoluzione, professore?
Non ha valore vincolante e non impegna alcun governo. Tuttavia ha un alto valore politico.
Che strada suggerisce?
E’ un fatto che gli accordi di Oslo del ’93 non hanno portato a nessun risultato. L’Europa a questo punto sembra voler fare una scommessa molto alta, quella di prendere nelle sue mani il destino del Medio oriente dopo essere stata per decenni la grande assente, avendo delegato pressoché tutto agli Stati Uniti. Resta da vedere se la scommessa europea sarà vincente oppure no.
Intanto l’Europa ha incassato la reazione durissima di Netanyahu.
C’era da aspettarselo. Con le sue parole e le sue decisioni, Netanyahu sembra indicare una netta preferenza per lo stato di stallo in cui ci troviamo ormai da moltissimi anni. Il governo israeliano dà l’idea di non credere più a una possibile pace, questo è il problema.
Dopo una risoluzione così gli stati europei sono ancora autorizzati ad andare in ordine sparso?
Sul piano giuridico non ci sono dubbi: la risoluzione non è vincolante. Laddove non c’è un atto di politica estera — e questo del Parlamento non lo è: questo va detto chiaro, tecnicamente non è un atto di politica estera — gli stati mantengono le mani libere. Da un punto di vista più generale questa risoluzione fa eco a orientamenti simili dei parlamenti nazionali — primo fra tutti quello della Gran Bretagna — e si fa interprete di una forte tensione europea verso una soluzione diversa. Del resto anche gli Stati Uniti oggi sembrano pensarla diversamente.
Si spieghi.
L’Europa ha fatto questa sorta di passo in avanti, ma non è assolutamente uno strappo: è noto che il governo Usa sta facendo forti pressioni sul governo israeliano perché cambi strada e punti più decisamente sul negoziato. L’amministrazione Obama non è più andata a rimorchio del governo israeliano come tante altre che l’anno preceduta.
Poi la Corte di giustizia Ue ha annullato la decisione dell’Unione di iscrivere Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche.
C’è anche questo, ma i due eventi sono del tutto indipendenti e non sono collegati se non simbolicamente.
Qual è il suo commento in proposito?
All’interno della Corte di giustizia l’annullamento è stato pronunciato dal tribunale, cioè dall’organo di prima istanza, e verosimilmente il Consiglio dell’Unione europea farà ricorso alla Corte di giustizia in sede di appello. La sentenza è lunga, complessa e si fonda soprattutto su motivi di carattere procedurale. Il tribunale in sostanza dice che il Consiglio (nel ritenere Hamas una organizzazione terroristica, ndr) si sarebbe fondato su notizie di stampa, non sui dati e sui fatti.
Distinguere anche in questo caso tra sentenza legale e decisione politica, come ha fatto il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera dicendo che la Ue considera ancora Hamas una organizzazione terroristica, non le sembra un bizantinismo?
Il tribunale ha precisato che la sentenza avrà effetto tra tre mesi: è una possibilità che la Corte di giustizia offre al Consiglio, che in tal modo ha tre mesi di tempo per adottare una nuova decisione fondandosi su una procedura più corretta. Nel frattempo, i beni di Hamas resteranno congelati. Resta da vedere come il Consiglio riuscirà a valutare obiettivamente il carattere terrorista di Hamas, fondandosi, questa volta, sui fatti. E questa sarà una decisione assai poco procedurale e molto politica.
(Federico Ferraù)