NEW YORK — La posizione è di quelle da far tremare le vene ai polsi. Secondo l’organigramma ufficiale “il Dipartimento della Difesa ha la responsabilità di fornire la forza militare necessaria a scoraggiare guerre, e di proteggere la sicurezza degli Stati Uniti”. Se il presidente è il “Commander in Chief” di Army, Navy, Air Force e Marine Corps, il Segretario della Difesa “esercita autorità, direzione e controllo sul Dipartimento”.



L’altro ieri, nel bel mezzo del secondo mandato di Obama, Ashton Carter ha preso il posto di Chuck Hagel che si è dimesso dopo neanche due anni di servizio. Sono nomi che alla maggior parte di voi non diranno granché. Magari quello di Donald Rumsfeld suonerà familiare a chi si ricorda la prima guerra del Golfo, o quello di Robert McNamara ed il suo Vietnam a quelli della mia generazione. Mettiamola così: il segretario della Difesa, il capo del Pentagono, è il braccio armato del presidente, è colui che è chiamato ad incarnare il suo pensiero in azioni militari, offensive-con-scopo-di-difesa o strettamente difensive a protezione dell’America e del suo popolo. Comunque, se a voi dicono poco, alla maggioranza degli americani questi nomi non dicono proprio nulla. Quello che però chiunque può capire è che un presidente non assegna una posizione del genere a qualcuno pensando di togliergliela a metà strada.



Perché Obama l’ha fatto? È Hagel che si è dimesso o l’Amministrazione che l’ha spinto a farlo?

Hagel era uno nato e cresciuto repubblicano, persino senatore in rappresentanza del suo Nebraska dal 1997 al 2009. Uno che aveva ricevuto grandissimo consenso elettorale, ma si era anche esibito in qualche significativo voltafaccia nei confronti di Bush votando “contro” su questioni sociali come educazione e sanità. Chissà, magari questi segni di “repubblicanità ribelle” sono stati all’origine della scelta di Obama due anni fa: tenere buoni i repubblicani portandosi in casa uno di loro, ma non troppo. Hagel ha certamente avuto la disgrazia di essere chiamato a fare il segretario della difesa di un’America che avrebbe dovuto essere in ritirata su tutti i fronti esteri. “Avrebbe”, perché così Obama aveva proclamato. Ma, come direbbe Bob Dylan, “the times they are a-changing”, e le cose sono cambiate a tal punto che l’amministrazione si è sentita in dovere di cambiare anche lui, il segretario della Difesa.



Ma probabilmente Hagel se ne sarebbe andato anche da solo. Lui, spesso chiamato dai media “il segretario della Difesa senza voce, mentre in tempi recenti degli attacchi nei suoi confronti montavano, ha espresso la sua frustrazione nel sentirsi intrappolato e “micro-managed”.

E così Obama ha scelto Carter. Ashton Carter, un fisico, uno da anni al Pentagono con le mani in pasta sulla materialità della guerra (sua la progettazione di veicoli militari a prova di mina). Carter è considerato un centrista, un patriota, un profondo conoscitore delle forze armate americane. Ma anche uno che non la manda a dire. Un interventista, mettiamola così. È per questo che la sua nomina non troverà alcun ostacolo in un parlamento sempre più repubblicano, anche se Carter repubblicano lo è meno di Hagel.

Che l’America stia ripensando la sua recente politica di disimpegno militare è un fatto. Carter sembra proprio essere il paladino credibile di questo nuovo approccio. Hagel non lo era. Non sembravano queste le intenzioni di Obama, ma le scelte operate in tempi recenti hanno reso indispensabile questo cambiamento. Che Obama l’abbia fatto per limitare i danni della sua debolezza politica cercando di smussare l’ostilità repubblicana, o l’abbia fatto perché non sa mai da che parte girarsi, non lo scopriremo mai.

Sappiamo solo che di militari americani in giro per il mondo ne vedremo di più.