È morto Paolo Ravasin, 53 anni, malato di Sla, noto per aver affidato al web le sue volontà contro l’alimentazione e l’idratazione forzata. Ravasin, da 15 anni malato di Sla e immobilizzato a letto da 9 anni, era presidente onorario della cellula Luca Coscioni di Treviso. Divenne noto nel 2008 per il suo appello pubblicato in rete. “Nel momento in cui non fossi più in grado di mangiare o di bere attraverso la mia bocca” – dichiarò Ravasin – “oppongo il mio rifiuto ad ogni forma di alimentazione e di idratazione artificiale sostitutive della modalità naturale”. La famiglia ha rispettato la sua volontà. Un caso, quello di Paolo Ravasin, che richiama alla mente la vicenda di Marlise Munoz il più recente e discusso caso di cessazione delle cure a una persona in coma. La signora Munoz, nonostante portasse in grembo un bambino da 22 settimane, è stata lasciata morire, come richiesto dalla famiglia e dallo stesso marito. Il tribunale ha accolto la loro richiesta e la spina è stata staccata. Il tutto è avvenuto in Texas dove, peraltro, è in vigore una legge che stabilisce che non possono essere sospese le terapie a una donna incinta. Il giudice ha però deciso che la legge non era applicabile a questo preciso caso, in quanto la donna era da ritenersi già legalmente morta. Il parere di Carter Snead, professore di Diritto costituzionale alla Law School dell’Università di Notre Dame (Usa).



Qual è la sua opinione sulla decisione del giudice di “staccare la spina”  alla mamma  incinta in coma in un ospedale del Texas? È corretta la sua decisione di considerare la donna legalmente morta e quindi non più soggetta alla legge del Texas che vieta una simile azione su donne incinte?

Non sono un esperto della legislazione dello stato del Texas, ma posso dare un’opinione generale. A quanto capisco, la Corte ha ritenuto che per la legge texana la donna fosse legalmente “morta”, in base alla conclusione che aveva subito un irreversibile arresto di tutte le funzioni cerebrali, compreso il tronco encefalico. Ha stabilito, cioè, una totale morte cerebrale, non un pur grave danno alle capacità cognitive, come nel caso di Terry Schiavo o Eluana Englaro. Di conseguenza, la Corte ha concluso che non era applicabile la legge del Texas secondo la quale, nel caso si tratti di una donna in stato di gravidanza, non possono essere interrotte le misure che tengono in vita un paziente.



Quindi il giudice non ha tenuto in alcun conto la possibilità di salvare il bambino della signora Munoz.

Infatti. Anche se la signora Munoz era legalmente “morta”, sarebbe stato possibile sostenere artificialmente quelle funzioni corporee necessarie a mantenere in vita il bambino nel suo grembo. Tuttavia, la sua famiglia ha deciso di far interrompere tutte le azioni che avrebbero potuto tenere in vita il bambino e la Corte ha ritenuto che ne avesse l’autorità.

In questo modo il bambino è stato di fatto ucciso. Non prevede nulla la legge in un caso simile? 

Apparentemente non vi è nessuna legge che preveda il caso di una donna legalmente “morta” ma in stato di gravidanza, il cui bambino potrebbe essere salvato mantenendo funzionanti artificialmente le funzioni corporee della madre. Considero una terribile tragedia la scelta della famiglia di non cercare di salvare la vita di quel bambino. E mi sembra difficile pensare che Marlise Munoz avesse in precedenza lasciato disposizioni in tal senso se si fossero verificate simili circostanze, rinunciando a priori alla possibilità di salvare il suo bambino. 



 

La lobby pro-choice ha definito il dissenso dalla decisione della Corte un esempio di fanatismo religioso. Qual è la sua opinione su una tale affermazione?

Non credo proprio che il desiderio di salvare vite umane innocenti e indifese possa essere definito “fanatismo religioso”. Non vi è assolutamente alcun bisogno di essere religiosi per riconoscere e rispettare la uguale dignità di ogni essere umano.

 

Vi è il rischio che questa vicenda possa essere sfruttata nel dibattito a favore dell’intr4oduzione dell’eutanasia negli Stati Uniti?

Non credo, perché si tratta di una caso piuttosto particolare che non ha molte probabilità di influenzare il dibattito sull’eutanasia, che è illegale negli Stati Uniti. Il suicido assistito è illegale in quasi tutti gli stati, con solo alcune eccezioni. La American Medical Association e altre associazioni di medici si sono comunque dichiarate contrarie all’introduzione del suicidio assistito e dell’eutanasia.