Era nata come un’inchiesta giudiziaria, ma lo scandalo della Tangentopoli turca si sta trasformando sempre di più in un caso politico che rischia di travolgere l’AKP, il partito di Erdogan al potere. Mercoledì notte il Parlamento ha approvato una legge per consentire al governo di bloccare le accuse sul nascere, attraverso la censura di Internet. La vicenda era iniziata con l’arresto di 47 persone legate al governo. Nelle abitazioni dei figli di tre ministri erano stati trovati in particolare 17,5 milioni di dollari in contanti. La reazione del gruppo dirigente dell’AKP al potere però non si è fatta attendere. Dall’esplosione della “tangentopoli del Bosforo” il 17 dicembre 2013, sono già stati rimossi dall’incarico circa 5mila dirigenti e funzionari di polizia e 120 magistrati. Ilsussidiario.net ha intervistato Asim Tanis, professore, scrittore e intellettuale turco.



Quali sono le autentiche ragioni della situazione che si è creata in Turchia?

Mi sembra scorretta la definizione “ tangentopoli del Bosforo”, perché qui non c’entra il “Bosforo”, ma solo il partito al potere e, se vera, è una delle tante che leggiamo, se scoperte, in tanti paesi, tra cui anche l’Italia. Purtroppo la tangente è un male esistito da sempre in tutto il mondo, è considerata il mestiere più antico dell’uomo (accanto alla prostituzione). Un poeta turco del 1500 scriveva così: “Sono entrato in un ufficio dell’amministrazione pubblica. Ho salutato i burocrati ma il mio saluto non è stato accolto da nessuno poiché non era una bustarella!”.



Qual è il significato politico di quanto sta avvenendo?

Quel che è venuto alla luce il 17 dicembre ha l’aria di essere un “terremoto” politico che scuote e fa scricchiolare il partito al potere. Non però per opera dell’opposizione, o di altre forze in un Paese democratico, quanto piuttosto per una resa dei conti, senza esclusione di colpi, all’interno dello stesso partito. Il personale trasferito o rimosso non apparteneva al partito all’opposizione, ma alle fazioni religiose che operano all’interno dello stesso partito.

In che modo l’opposizione e l’opinione pubblica stanno vivendo tutto questo?



L’opposizione interna del partito al governo parteciperà alle elezioni per conto proprio, e potrebbe ottenere il 30% dei voti. Quanto all’opinione pubblica, credo che chi è obiettivo non possa che provare angoscia per il futuro del Paese.

Quanto è coinvolto il presidente Erdogan in questa situazione?

Circa il coinvolgimento del primo ministro in questa situazione, non potrei e non vorrei dire niente in quanto seguo anch’io tutto dall’esterno. Se in Turchia funzionassero tutte le istituzioni di un Paese democratico (parlamento, giustizia, forze dell’ordine, esercito ………) e quindi tutto il potere non fosse riunito nelle mani di uno solo uomo e di un solo partito, allora potremmo sapere chi è veramente coinvolto e fino a che punto. Per quanto riguarda le accuse dell’opposizione è quanto anch’io ho sentito in televisione.

 

Cosa è rimasto delle grandi manifestazioni di opposizione del recente passato contro Erdogan? Quali sono oggi le reali forze di opposizione al presidente?

Da quanto riesco a dedurre, la Turchia sta vivendo la più grave crisi istituzionale, apparentemente creata con la collaborazione di tutti i nemici esterni ed interni, esattamente com’era successo subito dopo la prima guerra mondiale. Grazie a Mustafa Kemal Atatürk, la Turchia era riuscita a superare non solo quella crisi di esistenza o di sopravvivenza, ma a rinascere sulle proprie ceneri più forte di prima e creando un nuovo modello di Stato, diventato esempio per tanti popoli oppressi: repubblica, democrazia, tutti i diritti civili soprattutto per le donne (nel 1924 e nel 1936), molto prima di tanti altri Paesi, compresa l’Italia (nel 1946). Credo che le manifestazioni di opposizione contro il primo ministro ed il suo partito continuino e continueranno. Però non saranno queste manifestazioni di opposizione ad abbattere il partito al potere, ma quel “terremoto …” in seno al partito al potere di cui si parlava prima.

 

C’è il rischio di una islamizzazione del Paese e quindi di una radicalizzazione della protesta?

Il rischio di islamizzazione continua, purtroppo, ad esistere ed è iniziato già a partire dalla morte (1938) del fondatore della Repubblica Turca, moderna e laica. Attualmente questo processo è quasi al culmine, e si è in una fase cruciale, in cui si cerca di scardinare la Repubblica eliminandone un tassello giorno dopo giorno. O le forze democratiche istituzionali in Turchia riusciranno ad impedire un tale processo, oppure essa si trasformerà in un Paese fondamentalista islamico, di cui ci sono tanti esempi in Medio Oriente, in Africa ed in Asia. … Purtroppo l’Occidente si illude parlando di “islam moderato”, non so se in buona fede o per altri non dichiarati interessi, in quanto non esistono “regimi teocratici moderati”, poiché ogni religione si considera unica depositaria della verità al di là della quale non riconosce nessun altro sistema, quindi la democrazia è contraria alla natura stessa delle religioni. La religione, che esiste sotto questa o quella forma da millenni, è, e dovrebbe essere, un rapporto tra l’essere umano ed il presupposto creatore. Quindi nessuno e soprattutto nessun politico dovrebbe aver la possibilità di sfruttare la religione per i propri fini. Quando la politica entra nella religione, quella religione politicizzata perde tutte le sue caratteristiche e si trasforma in un tremendo strumento di oppressione. Altrettanto succede quando la religione entra nella politica.

 

Il ruolo della Turchia in Medio oriente: Erdogan ha cercato più volte sia con la Siria che con Israele di auto eleggersi come potenza preminente nella regione, ha fallito?

Quale il suo progetto per il Medio Oriente? La Turchia, se avesse seguito la politica kemalista, il cui motto era “pace in patria, pace nel mondo”, secondo cui non doveva intervenire nelle vicende dei Paesi confinanti, non sarebbe diventata una pedina di certe potenze mondiali e avrebbe quindi avuto la possibilità di diventare una potenza in Medio Oriente. Ma nelle condizioni attuali ciò appare un sogno impossibile. Purtroppo, la Turchia non ha seguito il kemalismo e non è riuscita a risolvere i problemi economici, non è riuscita ad entrare nell’Ue e, in politica estera, non ha risolto nessuno dei problemi con i Paesi confinanti, né con i Curdi. In questo contesto, la Turchia non appare in grado di diventare una potenza in Medio Oriente.