“Accusare di terrorismo due militari che agivano per conto del governo italiano significa configurare l’Italia stessa come uno Stato terrorista. La diplomazia italiana è al lavoro per spiegare alla comunità internazionale quanto sia grave stabilire un precedente simile”. Il ministro della Difesa, Mario Mauro, non ha dubbi. Salvatore Girone e Massimiliano Latorre vanno riportati a casa il prima possibile per essere processati da un giudice italiano: “Va perseguita con determinazione la strategia di veder riconosciuti i diritti dei marò, che sono stati platealmente violati da provvedimenti restrittivi che vanno avanti da due anni”. Per il momento la Corte suprema indiana ha rinviato al 18 febbraio prossimo la decisione sulle accuse di Latorre e Girone, dopo che la Procura generale aveva presentato un’imputazione basata sulla legge anti-pirateria. In queste ore il ministro Mauro si trova in India per fare sentire ai due marò la vicinanza del nostro Paese e delle nostre Forze Armate.



Che cosa ne pensa della decisione della Procura indiana di accusare i marò sulla base della legge anti-pirateria?

In primo luogo va precisato che il rinvio di domenica riguarda la Corte suprema indiana, cioè quella stessa Corte che più di un anno fa aveva esplicitamente dato indicazioni perché si formasse una corte speciale per poter giudicare questo caso. Nel contempo la Corte suprema aveva dichiarato la non riconducibilità di questo caso alla legislazione antiterrorismo. E’ quella stessa Corte che da un lato ha sancito la nullità del processo del 2012 in Kerala, e quindi ha rimesso nelle mani degli inquirenti la decisione su quali fonti giuridiche utilizzare per poter inquadrare l’ipotetico caso avvenuto nelle acque internazionali indiane.



Insomma il processo ai due marò sta prendendo una brutta piega?

A distanza di due anni non ci sono ancora capi d’accusa chiaramente formulati e c’è l’assurdità di provvedimenti restrittivi per la libertà dei nostri fucilieri di Marina senza che sia stato sviluppato un itinerario logico dal punto di vista delle indagini. Ma soprattutto, c’è la contraddizione ancora più grande di accuse che se formulate secondo le norme antiterrorismo configurerebbero l’Italia come Stato terrorista, in quanto stiamo parlando di due militari che agivano per conto del governo italiano. Tutto questo per il nostro Paese è inaccettabile, dato che quanto è contestato è avvenuto in acque internazionali, e soltanto un magistrato italiano è competente a giudicare.



Il premier Letta ha affermato che “il governo italiano si riserva di assumere qualsiasi iniziativa”. Che cosa si può fare in concreto?

Abbiamo reso partecipe del caso la comunità internazionale, che collabora con l’attività anti-pirateria dell’Italia, del rischio e del precedente che rappresenterebbe un caso del genere. Se Italia e India non troveranno un accordo, la comunità internazionale è uno dei fattori che la Corte suprema indiana nella sentenza di un anno fa ha indicato come possibile riferimento giuridico. Va perseguita con determinazione la strategia di veder riconosciuti quei diritti che sono stati platealmente violati da provvedimenti restrittivi che vanno avanti da due anni.

 

E’ meglio aspettare la decisione della Corte o agire in modo preventivo?

L’azione del governo italiano è già cominciata. Tutti quei momenti che hanno mostrato l’incongruenza dell’azione delle autorità indiane dal punto di vista della procedura giuridica rappresentano di fatto una denuncia molto forte. Speriamo di veder riconosciute le nostre buone ragioni e in ogni caso chiediamo che qualsiasi momento sia adatto per lasciare liberi i due fucilieri di Marina, in modo che possano seguire da casa le indagini indiane che dopo due anni sono ancora a un punto morto.

 

Come farete a riportare a casa i marò?

L’Italia deve chiedere che venga riconosciuto il fondamento di diritto. Stiamo parlando di due militari incaricati dal governo italiano, che si trovavano in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana. E’ assolutamente evidente che debba essere un tribunale italiano a occuparsi del loro caso. La Corte suprema indiana non deve fare altro che riconoscere questa evidenza.

 

Lei personalmente che cosa farà?

In questo momento sono a Nuova Delhi vicino ai miei uomini per portare loro la vicinanza delle forze armate. Questa è la specificità del compito e della missione che la squadra di governo ha affidato al ministro della Difesa dal momento del suo insediamento. Il negoziatore naturale è il ministero degli Esteri, con il quale coopera l’inviato speciale del presidente del Consiglio, Staffan De Mistura. Il premier Letta fin dal suo primo discorso in Parlamento ha indicato come priorità la vicenda dei marò. Tutti insieme stiamo predisponendo quanto l’Italia può fare in questo momento, per riportare a casa al più presto Latorre e Girone.

 

Quale clima ha riscontrato da parte delle autorità indiane durante la sua visita in India?

Il problema dell’India in questo momento è prendere atto e riconoscere che c’è qualcosa che non ha funzionato nel sistema giudiziario e nel suo coordinamento con l’attività di governo. Non ci dobbiamo però scandalizzare di questo fatto, quanto piuttosto rimarcare con forza l’inaccettabilità della forma e della sostanza delle accuse contestate.

 

(Pietro Vernizzi)