Sui confini nordorientali, sudorientali e a sud l’Unione europea è assediata da rivolte violente e guerre, dall’Ucraina alla Bosnia Erzegovina, dalla Siria all’Egitto, e ben presto, in aprile, nel quadrante sudoccidentale, nell’Algeria del dopo Bouteflika ci saranno le condizioni per una crisi in stile siriano. Ad ovest si consuma una guerra a bassa intensità tra le due sponde ‘alleate’ dell’Atlantico, attorno a questioni monetarie, economiche e commerciali. Nel centro dell’Unione europea, nelle sue istituzioni si vive un senso di arroccata quanto rassegnata difesa dello statu quo, tra i quattro grandi paesi chiave si respira sfiducia reciproca, e a livello sociale si sente crescere la rabbia popolare per le conseguenze delle politiche europee.



Un quadro che ormai oltrepassa la desolazione ed è entrato nella fase dell’allarme che da arancione potrebbe diventare rosso. Di questa situazione, da alcuni mesi sono ben coscienti le grandi potenze mondiali, Stati Uniti d’America, Russia e Cina. Ai tempi delle scellerate decisioni pasticciate del Trattato di Maastricht, l’America di Bush-padre tentò attraverso canali diplomatici di correggere ‘il tiro’ degli europei, ma la Germania di Kohl aveva fretta. La crisi jugoslava era già in avanzata gestazione, ma con il cambio di amministrazione americana, l’arrivo del presidente sassofonista Bill Clinton e dell’arcigna segretario di stato, Madeleine Albright, la “guerra in Europa” iniziò e non sembra essere ancora finita. Infatti, oltre ad essere esplosa la Bosnia Erzegovina, dopo venti anni di illusione euratlantica della bontà degli inverecondi accordi di Dayton, adesso è pronta la guerra in Ucraina. Con l’indecisa e ambigua amministrazione di Barak Obama, la guerra in Ucraina dovrebbe restare a ‘bassa intensità’ come fu la Yugoslavia tra il 1989 e il 1991. Tutto potrebbe cambiare se nel 2016 Hilary Clinton, come sembra, dovesse diventare presidente degli Stati Uniti. Questa volta, però, la Russia di Putin e la Cina non resterebbero a guardare.



Strane coincidenze: tra il 1989 e il 1991 l’Europa pensava di realizzare un ‘superstato’, un’Unione europea di stampo funzionalista, alla francese; tra il 2014 e il 2016 l’Europa deve scegliere se esistere o sciogliersi, decidendo anche il destino della sua moneta. Poiché chi scrive non crede alle coincidenze, in questo articolo cerchiamo di spiegare perché e per conto di chi c’è la guerra in Ucraina.

La guerra in Ucraina non ha per ora la caratteristica di uno scontro tra Occidente e Russia, ma è il tentativo da parte tedesca e americana di sfilare alla Russia un suo partner storico. L’Ucraina è storicamente divisa tra l’Occidente, con una popolazione volta verso l’Unione europea, e l’Oriente, con una popolazione volta verso la Russia, oltre a una piccola minoranza musulmana in Crimea. L’Ucraina attuale è una costruzione politica artificiale che ha ereditato i confini acquisiti ai tempi dell’URSS ma che da quando ha acquisito l’indipendenza, nel 1991, non ha mai cessato di indebolirsi. Approfittando della confusione istituzionale ucraina, e del disorientamento della popolazione, nel 2004 gli americani hanno ‘sostenuto’ la “rivoluzione arancione” che portò ad un governo mafioso e filo atlantico. Dopo la stretta russa sulle forniture sovvenzionate di gas all’Ucraina, nel 2010, le elezioni presidenziali hanno portato al potere l’attuale presidente Viktor Yanukovich, un politico corrotto e piuttosto filo russo. Le elezioni furono comunque certificate valide anche dagli osservatori dell’Unione europea. Il 21 novembre 2013 il presidente Yanukovic decise di non sottoscrivere l’accordo di associazione con l’Unione europea, perché insostenibile sul piano economico. Inoltre, memore del mancato sostegno all’Ucraina dopo la rivoluzione arancione, Yanukovich ha scelto la Russia che almeno gli garantiva aiuti fiscali concreti e consistenti (15 miliardi di dollari). In contemporanea, Radio Free Europe diffondeva notizie poco rassicuranti sugli eventi e ha fomentato la rivolta popolare che fu battezzata “Euromaidan” e poi “Eurorivoluzione”. Coincidentalmente, l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, la britannica baronessa Catherine Ashton, decise di farsi fotografare in piazza a Kiev con i manifestanti. Una mossa assai poco seria da parte di un “alto rappresentante”? Con la conoscenza dei fatti che sono succeduti, si può dire che trattò di drammatica dabbenaggine.



Nel parlamento ucraino tre formazioni politiche sostenevano la richiesta pro-europea: l’Unione pan-ucraina “Patria” – Batkivshna – dell’oligarca ed ex-premier Julija Tymoshenko, attualmente in carcere dopo la condanna per appropriazione indebita, che nel 2012 ottenne il 25.57% dei voti; l’Alleanza democratica per la riforma ucraina – Udar – dell’ex-campione del mondo di pugilato Vitalij Klishko, che sostiene di essere democristiano e che nel 2012 ha ottenuto il 13,98% dei voti; l’Unione pan-Ucraina per la libertà – Svoboda – del chirurgo Oleg Tjagnibok, trae origine dal Partito Nazionalsocialista d’Ucraina, chiaramente antisemita, che nel 2012 ha ottenuto il 10.45% dei voti. Queste tre formazioni politiche erano sostenute nelle strade e nelle piazze di Kiev da due formazioni paramilitari: Congresso dei nazionalisti ucraini, un gruppo nazista emerso dalle vecchie reti stay-behind della Nato nel blocco orientale, si dichiara sionista e per la deportazione degli ebrei ucraini in Israele, ha ottenuto l’1.1% dei voti nel 2012; Autodifesa ucraina, un gruppo nazionalista che ha inviato i membri a combattere contro i russi in Cecenia e Ossezia durante il conflitto georgiano, nel 2012 ha ottenuto lo 0.08% dei voti. La posizione della Chiesa autocefala ortodossa ucraina è a favore dei protestanti solo per marcare i dissapori dal patriarcato di Mosca.

Il 1 gennaio 2014 è apparso chiarissimo che la richiesta di “Europa” da parte dei manifestanti era quantomeno minoritaria, se non addirittura un pretesto. Infatti, il partito nazista “Libertà” ha organizzato una fiaccolata di 15000 persone in memoria di Stepan Bandera (1909-1959), il leader nazionalista alleatosi ai nazisti contro i sovietici. Da allora la capitale è stata coperta di scritte antisemite e persone sono aggredite per strada perché ebree.

Con tecniche simili, e già sperimentate, nelle varie ‘rivoluzioni’ colorate e nelle ‘primavere’ arabe, l’amministrazione Obama ha inviato due funzionari Victoria Nuland, vice di John Kerry, e John McCain, senatore repubblicano e presidente dell’IRI, il ramo repubblicano della NED, a sostenere i manifestanti. Inoltre, come ci ricorda Thierry Meyssan nell’articolo “dopo la Jugoslavia, l’Ucraina”, sin dagli anni ’30 gli Stati Uniti hanno mantenuto rapporti con esponenti neonazisti ucraini e che durante la presidenza Reagan, Jaroslav Stetsko, primo ministro dell’Ucraina sotto il Terzo Reich, divenne il leader del movimento del Blocco delle nazioni anti-bolsceviche e membro della Lega anti-comunista mondiale, e che successivamente uno dei suoi vice, Lev Dobrianski, fu ambasciatore degli Stati Uniti alle Bahamas, mentre la figlia Paula Dobrianski fu sottosegretaria di Stato per la democrazia (sic) nell’amministrazione di George W. Bush.

La Russia è per ora impegnata a chiudere i giochi Olimpici di Sochi, ma ha sostenuto una linea morbida da parte del leader ucraino Yanukovich. Quest’ultimo ha infatti accettato di rilasciare molti degli arrestati durante le violenze dei mesi passati ed ha aperto a dialoghi con l’opposizione. Ma è di queste ore che la violenza è ricominciata a Kiev con occupazioni di edifici pubblici, sparatorie, alcuni morti e molti feriti.

Tutto questo sembra seguire una strategia che alla fine serve principalmente agli Stati Uniti per tenere l’Europa in scacco, come ai tempi della Yugoslavia, in un delicato momento elettorale europeo e quando vari paesi membri dell’Ue sono entrati o stanno entrando in una seria crisi politica interna. L’Italia già è in crisi politica, ma a maggio il Belgio potrebbe seguire la stessa sorte e la Francia potrebbe trovarsi con un partito di estrema destra con la maggioranza assoluta dei voti. La storia, purtroppo, sembra ripetersi!

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