“Il governo egiziano ha compiuto la prima fase della road map ristabilendo la sicurezza nel Paese e approvando la nuova Costituzione. Per questo motivo ho deciso di dimettermi”. Così il primo ministro Hazem El-Bablawi, dopo le consultazioni “lampo” a cui ha partecipato anche il generale Sisi, ha formalizzato le sue dimissioni dall’esecutivo, in carica da giugno 2013, quando era subentrato al deposto presidente Morsi.
L’esecutivo tecnocrate di Bablawi ha attuato, infatti, tutte le riforme necessarie per traghettare il Paese verso una stabilità politica in vista delle elezioni. Durante questi mesi, nel corso del suo mandato, Bablawi ha promulgato una nuova Costituzione, fondata su basi democratiche che, di fatto, ha decretato l’estromissione dei partiti politici di matrice religiosa, sancendo lo scioglimento del movimento dei Fratelli musulmani. Se ciò, da un lato, ha provocato l’opposizione degli ultraconservatori islamisti, dall’altro ha però incontrato il favore dei sostenitori dei diritti umani che lo hanno interpretato come uno spiraglio di apertura democratica, tanto più che il testo è stato approvato dal referendum del 14 gennaio.
Inoltre, il governo ha dato nuovo impulso all’economia egiziana che la Fratellanza aveva portato al tracollo; in particolare, ha rivitalizzato il settore del turismo e quello degli investimenti esteri. Il lavoro intrapreso da questo governo non sempre è stato facile a causa della grande corruzione che interessava tutti i maggiori vertici dello Stato e le strutture del sistema amministrativo. Ma l’azione condotta anche per riformare il corpo di polizia e gli organi di stampa, ha potuto assicurare al Paese quella stabilità politica che i Fratelli musulmani avevano duramente compromesso.
Quello di Bablawi era un governo a termine dove l’orizzonte di legislatura era legato esclusivamente all’attuazione delle riforme costituzionali necessarie per far uscire l’Egitto dalla crisi e avviarlo verso un percorso di democratizzazione. Oggi, la nuova Costituzione in vigore nel Paese, sancisce la libertà di culto, garantisce l’uguaglianza tra uomini e donne, affermando che lo Stato deve intraprendere le misure necessarie per tutelare le donne contro ogni forma di violenza e introducendo, anche sul tema della giustizia, norme più garantiste.
Il testo proibisce, inoltre, i trasferimenti forzati, di cui cristiani copti e altre minoranze sono state vittime in passato a seguito dei piani espansionistici del governo.
La vera rivoluzione è però la drastica limitazione della sharia nel codice civile e la scomparsa del riferimento al ruolo di al-Azhar, principale istituzione islamica del Paese, nel monitorare la legge. E’ chiaro che, anche se la linea disegnata va contro ogni forma di estremismo e attività terroristica, non sarà facile il percorso del prossimo governo perché gli integralisti hanno già avviato una strategia di destabilizzazione del paese. E’ di solo qualche giorno fa la notizia dell’attentato a Taba, nella Penisola del Sinai, in cui è stato fatto saltare in aria un pullman pieno di turisti, una vera e propria dichiarazione di guerra alla democrazia.