Dopo gli scontri di ieri, cresce la tensione nell’Ucraina orientale e si fa sempre più concreto il rischio scissione. Un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione questa notte nella sede del parlamento e del governo di Crimea, a Sinferopoli, dove ha tolto la bandiera ucraina e issato il tricolore russo, mentre centinaia di russofoni erigevano barricate, fatte di legno, pezzi di metallo e pneumatici, davanti agli edifici. I russofoni chiedono la convocazione di un referendum sulla secessione della Crimea dall’Ucraina. Al momento la polizia ha preferito non intervenire e non si registrano morti o feriti. La Russia intanto continua a gettare benzina sul fuoco e, attraverso il ministro degli esteri, ha espresso profonda preoccupazione per le “gravi violazioni dei diritti umani in Ucraina”, ma anche del “diritto di usare la lingua madre, la discriminazione etnica e culturale, e gli attacchi e atti vandalici a oggetti di interesse storico e all’eredità culturale e religiosa”. Arseniy Yatsenyuk, capogruppo del partito di Iulia Timoshenko, è stato nominato nelle scorse ore nuovo primo ministro con l’obiettivo di traghettare il Paese verso le elezioni presidenziali di maggio. Una missione disperata, come ha detto lui stesso definendo i membri del nuovo governo dei “kamikaze politici”. Il neo primo ministro ha anche ribadito che “le casse dello Stato sono vuote a causa di 75 miliardi di dollari di debiti, le obbligazioni ucraine ammontano a 130 miliardi di dollari”. Il Paese è a rischio bancarotta.