“Con una decisione in perfetto stile degli zar, Putin ha concesso la grazia a Khodorkovski per fare passare in secondo piano la mancanza di scrupoli con cui ha calpestato qualsiasi diritto umano e acquisito in Ucraina”. Lo afferma Dario Fertilio, giornalista del Corriere della Sera, scrittore e ideatore dell’iniziativa “Memento Gulag”. Alla luce di quanto sta avvenendo non solo in piazza Maidan ma in tutto il paese, acquistano un diverso significato molte scelte politiche del presidente russo. Compresa la grazia all’ex magnate Mikhail Khodorkovski dopo dieci anni di carcere. Era stato imprigionato con l’accusa di evasione fiscale e furto, anche se in realtà dietro la sua condanna c’erano motivazioni politiche.
Fertilio, perché mette in relazione la scarcerazione di Khodorkovski con quanto sta avvenendo in Ucraina?
Putin si muove come il classico politico abile e realista. Da un lato è stato in grado di cogliere l’essenziale, con il tentativo per ora riuscito di portare l’Ucraina nella sua area di influenza attraverso una serie di pressioni politiche ed economiche. Ciò è merito soprattutto del fatto che il prezzo del gas viene notevolmente scontato agli ucraini. Sull’altro versante il presidente russo fa concessioni dal valore essenzialmente propagandistico, come la grazia a Khodorkovski che a lui costa davvero poco, per togliere la possibilità ai suoi critici di presentarlo come un dittatore senza rispetto per i diritti umani. Si tratta del tipico opportunismo di tutti i politici del mondo, compreso quest’uomo senza scrupoli che calpesta qualsiasi diritto sia umano sia acquisito.
Khodorkovski è un uomo in grado di influire ancora sulla Russia?
Khodorkovski è stato un uomo influente, esponente della nuova generazione dei magnati. A distinguerlo erano i suoi fitti legami con gli ambienti democratici anti-Putin. Un avversario politico con le sue disponibilità economiche era molto pericoloso per Putin, che quindi lo ha eliminato. Adesso, dopo dieci anni di carcere, provvedimenti di grazia come questo mirano a creare un senso di riconoscenza nella vittima che quindi di solito in seguito non crea problemi al governo.
Perché ritiene che, rispetto all’Ucraina, Putin si sia dimostrato un uomo senza scrupoli?
L’intervento di Putin è particolarmente odioso perché conculca l’indipendenza di un popolo che chiede la democrazia e l’integrazione europea, battendosi in piazza a Kiev contro quella che si caratterizza come un’annessione neo-sovietica. Ma soprattutto, per vendere all’Ucraina il gas a un prezzo ridotto, il presidente ha deciso di prendere i soldi dai fondi accantonati per i pensionati russi. Ciò dice tutto sul suo estremo cinismo degno del Kgb.
Lei critica Putin solo dal punto di vista morale o anche dal punto di vista strategico?
Dal punto di vista puramente strategico Putin si è rivelato ancora una volta molto efficace. In questo momento risalta particolarmente la distanza tra l’abile realismo di Putin e l’inconcludente propagandismo di Obama. Il presidente Usa fa il “gran gesto” di mandare due atleti omosessuali alle Olimpiadi invernali di Sochi per far vedere che è un democratico e che sfida Putin sul terreno dei diritti umani. Intanto il presidente russo lavora per sfilare di mano all’Ue un Paese dalle enormi potenzialità come l’Ucraina. E’ quindi un confronto impari, tra un Obama inconsistente e un Putin estremamente forte. Il presidente russo si inscrive del resto nella perfetta tradizione degli zar, i quali sappiamo che condannavano a morte o all’esilio in Siberia i dissidenti, e dopo un certo numero di anni li graziavano.
Perché la partita sull’Ucraina è così decisiva?
L’Ucraina è un Paese vasto il doppio dell’Italia, con una popolazione molto numerosa, in condizioni economiche molto difficili ma con delle potenzialità enormi soprattutto dal punto di vista della produzione agricola. In condizioni normali l’Ucraina potrebbe essere veramente trainante per l’Europa. Putin al contrario ha scelto di usare il Paese come magazzino di approvvigionamento per il suo sogno di ricostituire una sorta di Grande Russia o neo-Urss, dove i singoli Stati che ne fanno parte sono specializzati in un singolo ramo dell’economia, ma dipendenti dal centro moscovita. Tra questi Stati ci sono la Bielorussia e il Kazakistan, che sono già entrati in un’unione doganale con la Russia. Ora è la volta dell’Ucraina.
(Pietro Vernizzi)