Con l’introduzione fatta dall’Ambasciatrice italiana Teresa Castaldo, che ha elencato con precisione quanto si è fatto in Italia nel campo della lotta alla violenza sulla donna, si è tenuto giovedì a Buenos Aires, nell’aula verde della facoltà di Legge, il simposio dedicato a questo scottante e attualissimo tema organizzato dalla nostra Ambasciata attraverso il suo addetto scientifico, l’ing. Gabriele Paparo. Alle 17, dopo una serie di interessantissimi interventi, le conclusioni tratte sono permeate da un marcato pessimismo, dato che gli sforzi compiuti per combattere la piaga della violenza sulle donne e i bambini sono una goccia nel mare di una questione che, a livello globale, si sta ingigantendo sempre più, complice un menefreghismo delle istituzioni che in molte nazioni ne sono addirittura complici.



Certo, come per altre problematiche, esistono architetture legislative meravigliose, che però purtroppo nella maggior parte dei casi rimangono legate alla carta e non trovano la benché minima applicazione, ma un segnale forte, condiviso e di speranza è emerso specie in quegli interventi che hanno raccontato diverse vicende: il coraggio della donna, la sua determinazione, unite agli sforzi di organizzazioni spesso sorte spontaneamente e che godono di brillanti forme di autogestione, costituiscono la speranza in un mondo dove i diritti umani spesso conquistati faticosamente da generazioni non certo informatizzate ma coscienti e dotate di dignità, stanno per essere cancellati dall’indifferenza della società attuale.



Nel suo intervento il Premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel ne ha elencate alcune, nell’ampio panorama latinoamericano dove le violazioni anche contro minoranze etniche sono macroscopiche e l’argomento dei diritti umani spesso viene usato come refrain politico privo di ogni concretezza nella sua soluzione. Continente dove la donna è spesso sottomessa non solo a violenze domestiche, ma non gode del diritto all’istruzione, ampiamente combattuto dal mondo maschile. Ma l’America Latina è pure una zona geografica che costituisce il mercato principale della prostituzione minorile e non solo, come emerge dalla agghiacciante relazione fatta da Manuel Sorbello, attivista dell’organizzazione “Defensor del pueblo” di Buenos Aires e professore dell’Umsa (Universidad del Museo Social Argentino).



La prostituzione, la pedofilia e il mercato dei bambini atto al loro sfruttamento hanno raggiunto limiti inimmaginabili che includono lati francamente aberranti quali la transessualità minorile indotta, la vendita di bambini che vengono sistematicamente resi schiavi di droghe come il paco (un prodotto degli scarti della lavorazione della cocaina) per essere addestrati ai furti o altre attività illecite. Per poi costituire anche merce di scambio in veri e propri mercati dove favori sessuali o bottini di furti vengono scambiati quasi fossero figurine. Le “villas miserias” sono il desolante scenario di questo fenomeno, ma anche i quotidiani rapimenti di bambini, che sono spesso ignorati dai mass media, avvengono agli ingressi di scuole o istituti e coinvolgono tutti i ceti sociali.

Incredibilmente la caratteristica di tutti gli interventi effettuati da relatori appartenenti a organizzazioni argentine che si occupano di contrastare il fenomeno risiede nel constatare l’assenza sia dello Stato che del Comune di Buenos Aires, entità che operano interventi assolutamente marginali ma che sono ampiamente presenti mediaticamente nell’accusarsi reciprocante del loro malfunzionamento.

Ma spostiamoci sul Bacino del Mediterraneo, dove la cosiddetta rivoluzione che ha coinvolto diversi paesi del Nordafrica è stata in gran parte soffocata dalla reazione degli integralisti islamici, che non si sono limitati a trasformare paesi in terra di nessuno (si pensi alla Libia, dove regna l’anarchia più assoluta che ha azzerato la sua produzione di petrolio). Anche attraverso una imponente campagna ideologica basata su menzogne storiche la donna è stata relegata a schiava anche in culture dove storicamente occupava una posizione di rilievo, come nelle comunità touareg del Maghreb. Quando non a richiederne la presenza in zone di guerra con uno sfruttamento sessuale fatto credere una missione santa che ha come scopo la conquista del Paradiso terrestre.

Questi fatti emergono dalla relazione del Professore Mauro Giovanni Carta, Docente dell’Università di Cagliari, che però afferma quanto l’opera di molte donne alcune delle quali come la tunisina Lina Ben Mhenni, una blogger seguitissima a livello mondiale, abbia ottenuto che l’Assemblea Costituente di questo Paese votasse a favore della parità tra uomo e donna di fronte alla legge.

Lo stesso Professor Carta, che da anni si occupa del fenomeno inerente lo sfruttamento della prostituzione e la violenza sulla donna, riuscendo ad ottenere finanziamenti Ue per progetti sul tema, ci rivela che questo settore rappresenta un business incredibilmente lucroso, con un fatturato di circa 2500 miliardi di dollari, più dei proventi del traffico di droga o di quello di armi.

È chiaro che di fronte a queste cifre la lotta al fenomeno diventa impari anche per il coinvolgimento della politica che da un lato condanna ma dall’altro si fa spesso complice minimizzando il problema. Anche quando esso coinvolge l’infanzia, come rivela la dottoressa Maria Veronica Brasesco, che nella sua relazione si incentra sulle problematiche psicologiche incredibili che si instaurano in minori e cita casi agghiaccianti. Come quello di bambini che, pur se assistiti nell’unico Centro di recupero a loro destinato in Argentina, non possono essere trattenuti, in una struttura dedicata anche se deficitaria a vari livelli, contro la loro volontà e, per un’aberrante difesa della libertà individuale, se ne vanno per poi essere trovati morti giorni dopo tirati in cassonetti dell’immondizia, vittime non solo del consumo di droghe ma di una società che solo nel 1984 ha riconosciuto a livello mondiale i diritti dell’infanzia: a partire da quell’anno sta compiendo dei passi da gigante nel loro annullamento semplicemente ignorandoli, perché spesso le problematiche risiedono ai margini del mondo, relegate in situazioni invisibili. E quindi fuori della portata dei media godendo anche dell’indifferenza di un mondo che è tanto immerso nell’informatizzazione e nella virtualità da essersi dimenticato di usare il pensiero, proiettato in un futuro che rischierà di trasformare l’essere in mero “materiale” umano. Proprio come i bambini e le donne che finge di non vedere.