“Quella che è in corso in Medio Oriente è una spaccatura del mondo sunnita, con Arabia Saudita ed Egitto coalizzate contro Qatar e Turchia. Una delle conseguenze è l’allontanarsi della mediazione per raggiungere un accordo tra Hamas e Al-Fatah, le due anime del governo palestinese”. Lo sottolinea Camille Eid, giornalista cristiano libanese e professore all’Università Cattolica, dopo che l’Arabia Saudita ha deciso di inserire i Fratelli musulmani in una lista di organizzazioni terroristiche bandite dal Paese. Nello stesso tempo il governo egiziano ha messo fuori legge Hamas, e le autorità della Striscia di Gaza hanno scelto di arrestare decine di esponenti di Al-Fatah.
Partiamo dalla scelta dell’Egitto di mettere fuorilegge Hamas. Come valuta questa notizia?
L’Egitto storicamente si è sempre schierato per Al-Fatah. L’unica eccezione è stata la parentesi in cui Morsi era al governo e si sentiva vicino ad Hamas non solo geograficamente ma anche a livello politico in quanto il partito palestinese è un’emanazione dei Fratelli musulmani.
Nel frattempo continuano le tensioni tra Hamas e Al-Fatah …
E’ così. Una ventina di persone sono state fermate dalle autorità di Hamas per avere partecipato a un raduno non autorizzato. Alcuni militanti si erano trovati per celebrare l’anniversario della morte di un generale di Al-Fatah. Questo fatto rimane il segno di un clima di tensione che si tanto in tanto ritorna alla ribalta, in particolare dopo che tutti gli Stati regionali che in precedenza avevano lavorato a una mediazione tra Hamas e Al-Fatah se ne sono lavati le mani.
La questione palestinese non interessa più alle potenze mediorientali?
Se torniamo indietro negli anni, nel 2007 è avvenuta la divisione della Palestina e la riunione alla Mecca, con la mediazione saudita sfociata poi in un accordo. Il 2011 è stato l’anno dell’accordo del Cairo, sempre relativo alla formazione di un governo di unità nazionale, che però non ha prodotto di fatto risultati tangibili. Quindi nel febbraio 2012 è stata la volta di un tentativo di mediazione da parte del Qatar. In questo momento le priorità di Egitto, Arabia Saudita e Qatar sono completamente diverse, e ciò si riflette sul terreno con queste schermaglie tra Hamas e Al-Fatah.
Che cosa ne pensa invece della scelta dell’Arabia Saudita di mettere i Fratelli musulmani fuori legge?
L’obiettivo dell’Arabia Saudita è giocare contro il Qatar, il quale a sua volta appoggia i Fratelli musulmani. Per farlo Doha utilizza due strumenti, Al-Jazeera e i finanziamenti, e Riyad ha scelto di contrastare questa politica. Negli anni ’70 l’Arabia Saudita sotto re Faisal ha accolto la leadership dei Fratelli musulmani perseguitati da Nasser aprendo loro le cattedre dell’università. Non c’è quindi una storia di tensione tra il Regno wahabita e i Fratelli musulmani.
Quali possono essere ora le conseguenze di questa “rottura”?
L’ultimo comunicato saudita nel quale si annoverano i Fratelli musulmani tra le organizzazioni terroristiche ha sorpreso lo stesso movimento egiziano, che si è trovato messo sullo stesso piano delle filiali di Al Qaeda. Nell’ordinanza reale si parla di militanza armata dei sauditi all’estero, ma anche di attività politica e conferenze. Un testo così vago si presta a un’interpretazione molto elastica, e ciò rappresenta un ulteriore giro di vite contro chi si permette una minima espressione di un’opinione personale.
Qual è il significato di questi avvenimenti per lo scacchiere dei Paesi del Medio Oriente?
Lo scacchiere del Medio Oriente è diviso in due blocchi. Da un lato chi sono Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati Arabi, i quali la settimana scorsa hanno ritirato i loro ambasciatori da Doha, dopo che lo aveva fatto anche l’Egitto. Dall’altra ci sono invece Qatar e Turchia che sostengono i Fratelli musulmani.
Ora che cosa accadrà?
Se i sostenitori di Morsi sono considerati dall’Arabia Saudita un’organizzazione terroristica, ciò mette a rischio il dialogo con la stessa Turchia che è guidata da un partito tutto sommato vicino ai Fratelli musulmani. Ma pone problemi anche nei confronti del governo della Tunisia, al cui interno è presente Ennahda, e del Marocco. Questa decisione può dunque comportare delle conseguenze rispetto a cui la stessa Arabia Saudita non si è espressa in modo chiaro. Anche se l’ordinanza reale può essere letta come un piacere all’Egitto alla vigilia delle dimissioni dall’Esercito del generale Abdel Fattah El-Sisi, in vista della sua candidatura come presidente della Repubblica.
Che cosa ci dobbiamo aspettare per il Medio Oriente?
Ciò cui si sta lavorando è a un nuovo polo composto da Arabia Saudita ed Egitto schierate contro Qatar e Turchia. Siamo quindi in una fase di riposizionamento, e la gravità del fatto è che il Consiglio di Cooperazione del Golfo che negli ultimi decenni si era dimostrato compatto, comincia a riflettere queste divisioni interne. Ci sono quindi delle mosse che fanno capire come sia in corso una ricomposizione dello scacchiere regionale, e questo non prelude a nulla di positivo perché le politiche dei due poli in Medio Oriente hanno sempre rovinato le popolazioni e gli Stati.
(Pietro Vernizzi)