I vescovi cattolici e ortodossi e i leader protestanti della Siria si sono recati a Washington per chiedere che gli Stati Uniti smettano di sostenere i gruppi jihadisti che combattono contro i regime di Damasco. Si tratta della prima delegazione di questo tipo ad avere visitato la capitale americana dall’inizio della crisi siriana. I vescovi hanno chiesto a senatori e membri del Congresso di esercitare pressioni su Paesi come Arabia Saudita, Qatar e Turchia affinché smettano di finanziare i terroristi presenti in Siria. Ilsussidiario.net ha intervistato Adeeb Awad, leader del Sinodo Nazionale Evangelico di Siria e Libano.



Per quale ragione ha deciso di recarsi negli Usa insieme agli altri leader cattolici, ortodossi e protestanti?

La ragione principale è che ci rendiamo conto che c’è un’ipocrisia nella politica americana, e occidentale in generale, nei confronti del terrorismo in Siria. I cittadini e i leader religiosi in Siria hanno una grande storia per quanto riguarda l’integrazione con la nostra società e con il nostro governo. Quando le manifestazioni sono incominciate nel 2011 per chiedere riforme, eravamo contenti e simpatizzavamo con i manifestanti. La Siria è un grande Paese che ha bisogno di riforme, come tutti gli altri Paesi civilizzati. Presto però abbiamo scoperto che quelle dei manifestanti non erano richieste genuine, in quanto sono emerse fin dall’inizio infiltrazioni terroristiche da tutto il mondo. Ovunque esistono terroristi preparati, equipaggiati e allenati dai servizi segreti occidentali, in primo luogo americani, ma anche francesi, britannici e tedeschi.



Lei non auspica che in Siria si affermi la democrazia?

Non siamo andati negli Stati Uniti per chiedere loro di smettere di insistere affinché in Siria siano fatte le riforme. Abbiamo però scoperto una serie di elementi che ci hanno spinto a questo passo. In primo luogo gli alleati in Medio Oriente di Francia, Usa, Regno Unito non sono democratici. Le monarchie del Golfo sono Stati di polizia, e la Siria fino a tre anni fa era pur sempre migliore di loro.

A che cosa si riferisce?

In Bahrein sono presenti decine di migliaia di militari sauditi per reprimere i manifestanti senza che l’Occidente dica una sola parola. In Siria inoltre abbiamo fatto esperienza del peggior tipo di terrorismo da parte dei gruppi jihadisti provenienti da 80 Paesi nel mondo, che entrano in Siria passando da Turchia e Giordania e che sono sostenuti dagli alleati dell’America. L’Occidente su questo non ha detto una sola parola, e mi domando come ciò possa essere compatibile con la sua identità cristiana.



Che cosa accadrà ai cristiani in Siria se i ribelli prevarranno?

I cristiani in Siria hanno sempre avuto piena cittadinanza, a differenza di quanto avviene in altri Paesi del Medio Oriente. In passato abbiamo goduto di una libertà religiosa che altrove era impossibile. In Siria cristiani e musulmani non vivono come due gruppi di cittadini divisi, ma come persone che condividono amore, pace, coesistenza e talora anche le stesse famiglie. Il recente rapimento di due vescovi impegnati in una missione di pace ha come scopo quello di terrorizzare i cristiani. Lo stesso vale per il sequestro di 11 suore che non stavano combattendo, ma erano impegnate in attività caritatevoli. Dio che consente queste tribolazioni sarà con noi in questo duro viaggio fino alla fine dei tempi.

 

Che cosa è emerso dai colloqui a Washington?

Incontrando i senatori americani, ho chiesto loro perché in tre anni non sia mai intervenuto un solo funzionario occidentale per chiedere libere elezioni in Siria. Uno dei senatori si è alzato e mi ha detto: “Non sono sicuro che non le abbiamo mai chieste”. A quel punto ho replicato: “Non è una buona risposta”.

 

Perché?

Perché gli stessi servizi segreti americani affermano che in libere elezioni, Bashar Assad vincerebbe.

 

E se invece Assad perdesse?

Lasciamo che perda, nella democrazia può avvenire anche questo. Ma nella realtà gli Stati Uniti non vogliono libere elezioni e democrazia in Siria, perché nessuno degli alleati dell’America in Medio Oriente è uno Stato democratico.

 

(Pietro Vernizzi)