Sono giorni che penso a come la vita prende forma ogni giorno diversamente, qui. Non so se sia lo stesso altrove. La stagione delle piogge si fa desiderare, qualche temporale pomeridiano o serale sta abbassando la temperatura, poi il sole non ci risparmia. Ancora caldo. Pensavo alla casa di AVSI, qui a Juba. Pensavo di essere una solitaria, invece mi piace la compagnia. I compagni di casa non me li scelgo, arrivano, stanno, poi partono. Chi arriva dall’Italia, per andare al nord del paese (Rumbek, Wau), chi arriva dalle nostre basi di Isohe e Torit.



Oggi è il giorno dell’Annunciazione. E’ una casa/cosa strana. E’ lavoro e compagnia allo stesso tempo. Serate semplici, arrivano i racconti di quello che succede altrove. Tradizione orale per capire cosa sta succedendo. Manuela è partita per il nord, Malakal, la capitale del Upper Nile, riconquistata la settimana scorsa dalle forze governative. Ci immaginiamo la distruzione dopo questi tre mesi di razzie, bombardamenti, scontri. Dicono che in piedi è rimasta solo la base della UNMISS. Lei è li. L’altro giorno hanno passato la giornata nel bunker. La sera ne parliamo: ma chi te lo fa fare di fare una guerra che non è la tua? Nessuna risposta.



Padre Giovanni, che sta per ripartire per Bahrgel, dove il nostro progetto con lui e con Ireneo Dud Foundation e SUDIN sta iniziando, ci porta del salame da Est, per il pranzo della domenica. 73 anni. Tra le varie avventure, 52 giorni di viaggio in nave (Trieste – Zambia) per portare un Westfalia alla sua missione. Racconta e ti sembra di vederlo. Pazzo, si direbbe. Vivo, piuttosto. La casa si fa viva al passaggio delle persone. All’arrivo di confezioni di caffè e biscotti buoni. E’ la verità, abbiamo tutto eppure ci manca tutto. Altrove più che qui.

Si sta sospesi. Né guerra né pace. Ieri dei tuoni sembravano esplosioni. E invece no. La felicità la fa un temporale dopo settimane di torrido.



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