Ieri, al termine del vertice straordinario sull’Ucraina, Angela Merkel ha definito “illegale” il referendum indetto dalla Crimea il prossimo 16 marzo per staccarsi dall’Ucraina. I partner europei hanno ribadito l’invito alla Russia a sedersi al tavolo del negoziato, dicendo al contempo di essere pronti ad adottare sanzioni nei confronti della Federazione Russa. Analoga decisione è stata presa dal Dipartimento di Stato americano, intenzionato a imporre restrizioni sui visti a funzionari e singoli. Secondo Enzo Cannizzaro, esperto di diritto internazionale e docente nell’Università di Roma “Sapienza”, un referendum popolare non avrebbe alcun effetto sul piano del diritto internazionale, ma sulla vicenda “pesano purtroppo alcuni precedenti di riconoscimento ‘prematuro’ da parte alcuni Stati europei dell’indipendenza della Slovenia, della Croazia e del Kosovo”.



Professor Cannizzaro, partiamo dalla giornata di ieri. Il parlamento della Crimea ha votato per l’annessione della provincia autonoma alla Russia. Può farlo? A che titolo?
Dal punto di vista del diritto internazionale, il voto del Parlamento non ha alcun rilievo. La Crimea non ha, infatti, un diritto all’autodeterminazione, essendo allo stato attuale una provincia ucraina, sia pure dotata, a quanto si sa, di uno status di autonomia. Né esiste, in diritto internazionale, alcun diritto di secessione delle minoranze.



Le autorità della Crimea hanno annunciato in proposito anche un referendum, indetto per il 16 marzo. Una vittoria del sì darebbe maggiore legittimità alla risoluzione del Parlamento?
Per i medesimi motivi, un referendum popolare non avrebbe alcun effetto sul piano del diritto internazionale. Esso esprimerebbe soltanto la volontà della popolazione, in gran parte di etnia russa, di staccarsi dallo Stato ucraino. Sulla vicenda pesano purtroppo alcuni precedenti: il riconoscimento “prematuro” di alcuni Stati europei dell’indipendenza di Slovenia e Croazia dalla Iugoslavia, negli anni 90; più recentemente, il riconoscimento da parte di molti Stati occidentali dell’indipendenza del Kosovo, proclamata dall’Autorità provvisoria del Kosovo. Questi precedenti non conferiscono legittimità alla pretesa della Crimea, ma valgono a dimostrare la scarsa lungimiranza che ha caratterizzato l’atteggiamento occidentale nell’ambito dei conflitti etnici nell’est europeo.



Com’è classificabile l’operazione Crimea, ossia l’occupazione del territorio da parte di truppe senza insegne ma di ovvia provenienza russa?
Il Parlamento russo ha autorizzato l’uso della forza, ma il governo sembra negare che le truppe che occupano la Crimea costituiscano organi dello Stato russo. Le notizie giornalistiche, tuttavia, indicano univocamente come tali truppe rispondano ad una catena di comando russa. In tal caso, non vi sarebbe alcuna possibile giustificazione giuridica per l’occupazione della Crimea. Si tratta di una interferenza palese negli affari interni ucraini e di una violazione del divieto di uso della forza internazionale.

L’Ucraina ha a disposizione strumenti di reazione fondati sul diritto internazionale?

L’Ucraina può certamente adire il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma non occorre dimenticare che la Russia è membro permanente del Consiglio. È ben difficile attivare il Consiglio di siscurezza in senso contrario agli interessi di uno dei suoi membri permanenti.

Putin sostiene che Yanukovich è il legittimo capo di stato dell’Ucraina. Di fatto il paese ha due governi: quello insediato dagli insorti e quello del fuggiasco Yanukovich. Qual è il “vero” governo?
L’ex Presidente Yanukovich non ha alcun controllo sul territorio ucraino e probabilmente non si trova neanche più in Ucraina. Ben difficilmente può esprimere quindi la volontà dello Stato ucraino. In particolare, è difficile fondare la legittimità dell’intervento russo sulla richiesta di un Capo dello Stato deposto.

È la forza − in questo caso, di Putin − a “determinare” il diritto internazionale o quest’ultimo può ancora condizionare la prima?
Come si vede, la Russia cerca costantemente di ancorare la propria azione sul diritto internazionale, pur piegandolo all’esigenza di perseguire i propri interessi. Come ho detto prima, l’autorità del diritto internazionale è indebolita anche da precedenti analoghi posti in essere da altri Stati.

Il premier ucraino Arseni Yatseniuk ha dichiarato che “il governo ucraino è impegnato a firmare l’accordo di associazione” con l’Unione europea: di che si tratta?
L’accordo di associazione con l’Unione, o, meglio, il rifiuto del precedente governo filorusso di proseguire i negoziati per la sua conclusione, è stato uno dei motivi di dissidio fra la maggioranza ucraina e la minoranza russa. La conclusione dell’accordo avrebbe infatti segnato una chiara scelta di campo filo-occidentale da parte dell’Ucraina. La prosecuzione dei negoziati o addirittura la conclusione dell’accordo nella situazione attuale potrebbe solo aggravare la tensione fra le due “anime” dell’Ucraina e comportare una ulteriore escalation del confronto con la Russia.

Cosa dovrebbero fare tutti coloro che sono interessati alla pace?
L’occidente deve agire con molta cautela. Alla ferma condanna dell’uso della forza e alla riaffermazione dell’integrità territoriale ucraina dovrebbe accompagnarsi la ricerca di soluzioni politiche atte a diminuire la tensione fra le due comunità e fra i due Stati.

(Federico Ferraù)

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