Permettetemi. oggi è l’8 di marzo. La cosa più rilevante, nonché di pubblico dominio, sarebbe la Festa della Donna. Tutti noi uomini siamo felicissimi di essere circondati dalle donne: mogli, figlie, nipoti, amiche e per i più sfortunati anche le amanti (sfortunate pure loro), surrogato di quel che avrebbe potuto essere e non è stato. Per cui – che sia stata una pensata di Lenin, Rosa Luxemburg o Pippicalzelunghe – facciamo pure questa festa. Chiusa lì, non ho nessuna intenzione di parlare della festa della donna.



È questo che vi chiedo di permettermi. Perché mentre tutti quanti domani celebreranno “la Donna”, io l’8 di marzo celebro un giorno speciale nella mia vita da uomo. È l’anniversario del mio sbarco in America. E questo 8 marzo è particolarmente speciale. Vent’anni! In vent’anni un neonato diventa un adulto, un bambino padre o madre. E la loro terra? Il paese in cui vivono? Vedere quel che è successo ai nostri figli non è difficile, con quei 5 nipoti e mezzo in giro per la casa. Per capire cos’è successo a noi, basta guardarsi nello specchio. Ma l’America? Cosa è successo all’America in questi vent’anni?



“Vedete, l’America è come un adolescente: pieno di desiderio, di slancio istintivo, che si appassiona, si entusiasma, corre dietro alle cose… e poi tante volte finisce per far danni, o si distrae, si stanca di quelle stesse cose… ma non si ferma…”. Sono parole di don Luigi Giussani rivolte ai nostri figli, estate 2002, con quell’intensità di cuore e di sguardo che neppure la malattia potava strappargli di dosso.

La trovai una lettura impeccabile di questo nuovo mondo che andavamo scoprendo. Mi chiedo se è ancora così. Mi chiedo cosa ne è di quell’adolescente. Perché a parte Michael Jackson che lo voleva cosi fortemente da far invidia a Vittorio Alfieri, continuare a fare l’adolescente in eterno non è possibile. Jackson è morto, e l’America? Potremmo dire quella solita verità, banale, che il tempo genera sempre un cambiamento. Già, ma in che direzione? E potremmo comunque combinarla con l’altrettanto noiosamente banale affermazione che però adesso è l’accelerazione che è diversa. Le cose cambiano più in fretta. Pensate che quando arrivai qua, per restare in contatto con famiglia e amici comprai un fax! Tutto vero, ma cosa è realmente cambiato?



Una delle scoperte più spettacolari che feci vent’anni fa fu rendermi conto del pressoché inesistente tasso ideologico dell’americano medio. Per dirla semplicemente, era difficile trovare qualcuno che avesse più a cuore le sue idee che la possibilità di trovare qualcosa di meglio. Proprio come son fatti gli adolescenti che, come diceva Giussani, si muovono per “desiderio”, non per schemi. L’America mi apparve subito come la terra del desiderio. Sì, “the American Dream”, ma ce lo dice anche Freud che senza desiderio non si sogna. Un cuore dominato dal desiderio è un cuore semplice, diretto, aperto, animato, attivo, costruttivo. La terra del desiderio e della “strada da correre”.

Guardavo New York con quei grattacieli protesi verso l’infinito del cielo e cominciavo a capire che aveva più senso ammirare il tentativo piuttosto che criticarne la presunzione. Dopo un’adolescenza (la mia) di anti-americanismo ho dovuto arrendermi (da adulto) all’evidenza di questo “cuore dell’America”.  Ma come sta oggi questo “cuore”?

Sto scrivendo un articolo (trying to), non un libro, quindi mi limito a degli spunti che speriamo di continuare a sviluppare nel corso di quest’anno, ma non mi sembra che il cuore scoppi di salute. Non mi sembra che l’adolescente stia crescendo bene. Anzi, non mi sembra che stia crescendo. Direi proprio che in questi vent’anni non è cresciuto. E questo – Michael Jackson insegna – è un problema. Se non si cresce si diventa la parodia di se stessi, si ripetono cose già dette come un “broken record”, e il cuore si fa confuso.

Tanti dei valori tradizionali che costituivano l’ossatura di questa società sono stati messi a durissima prova in questi vent’anni. Molti sono stati spazzati via. E la frattura tra “le coste” (New York e la California, per capirci) e la sconfinata “pancia” dell’America è diventata tale da creare quasi due mondi distinti. Ecco, quello che vedo è che il cuore che era semplice si è fatto confuso. È ancora “vivo”, ma è come se non sapesse bene dove andare, dove sta andando, e chi lo sta portando dove. Forse come dice Dylan, “Like a rolling stone … with no direction home…“.  Continueremo, ma intanto celebro. Le donne e vent’anni d’America!