Segnali palesi quelli che giungono dagli Usa nei confronti di Teheran. Oltre alle trattative sul programma nucleare iraniano, per la prima volta dai tempi della rivoluzione khomeinista, e cioè dal 1979, la Boeing ha ottenuto dal governo americano il permesso di produrre alcune componenti proprio in Iran. Segnali di una distensione che era impensabile fino a poco tempo fa, ma che allo stesso tempo porta un inevitabile rallentamento dei rapporti con l’alleato storico americano nel mondo arabo, e cioè l’Arabia Saudita, nemico storico dell’Iran. Un riposizionamento americano sullo scacchiere arabo che al momento non è ancora chiaro nei suoi scopi, ma soprattutto nei risultati. Per capire cosa esso significhi, ilsussidiario.net ha contattato Massimo Campanini, docente di storia dei paesi islamici nell’università di Trento ed esperto di mondo arabo.
La recente visita di Barack Obama in Arabia Saudita sembra confermare quanto i rapporti tra Stati Uniti e Riad siano attualmente al ribasso. Perché?
In realtà è da anni che i rapporti tra Stati Uniti e Arabia Saudita non sono più quelli di una volta, basti ricordare le tensioni e le polemiche che ci furono quando gli americani, durante la prima guerra del Golfo, aprirono basi militari sul territorio saudita. Furono lotte interne ovviamente aizzate da Al Qaeda, che come è noto ha con Osama bin Laden la sua nascita e roccaforte proprio in Arabia.
Che conseguenze ha prodotto quella ondata di antiamericanismo?
Fondamentalmente il tentativo da parte americana di costituire con l’Iraq da loro occupato nella guerra di dieci anni fa la nuova testa di ponte occidentale in Medio oriente, tentativo fallito come si sa. Questo fallimento ha fatto sì che gli americani fossero obbligati a fare ancora i conti con il regno Saudita.
Adesso però si assiste a un deciso deterioramento di questi rapporti, Riad critica fortemente ad esempio l’atteggiamento americano in Siria così come la trattativa con Teheran sul programma nucleare.
Certamente, le strategie tra i due Paesi negli ultimi mesi non sono più convergenti come un tempo. Questo anche perché l’Arabia Saudita vuole una sorta di egemonia sul mondo sunnita nel vicino Medio oriente e questo non garantisce le prospettive statunitensi. Riad insomma non è più il referente principale degli Usa.
Ruolo che sta prendendo Teheran?
Sostanzialmente stiamo assistendo al classico pragmatismo di una eventuale politica americana nell’area che non può che trovare nuovi sbocchi: i segnali provenienti dall’Iran in direzione di un’apertura verso l’occidente sono visti da Washington con estremo interesse. Considerando che l’Iran è il grande avversario dell’Arabia, ecco perché i rapporti con gli Stati Uniti si stano deteriorando.
In concreto, che segnali ha dato l’Iran?
Ha fatto passi indietro rispetto al suo ruolo egemonico nel mondo arabo. Quello a cui si assiste è un gioco a dama in questo grande scacchiere in cui gli Usa devono tenere aperti canali con il mondo arabo, ma al tempo stesso riavvicinarsi a Teheran grazie ai segnali che vengono dal nuovo presidente iraniano.
Il fatto che il governo americano abbia dato l’ok a un accordo commerciale della Boeing con Teheran, o anche l’accelerazione della produzione di shale oil, il petrolio ricavato con la trivellazione e la frantumazione dell’argilla, sembra indicare che gli Usa hanno anche forti interessi economici in questo loro riposizionamento diplomatico…
Probabilmente sì, visto che il principio generale che dice che “il denaro non puzza” è più valido che mai. Questi accordi commerciali dimostrano ancora una volta come la politica americana in questo frangente sia molto più pragmatica rispetto a quella dell’epoca Bush. E’ poi da considerare che gli Usa stanno cercando di rendersi autonomi dal punto di vista energetico da tempo, con una apertura economica di questo genere si capiscono gli elementi in campo.
Pensando invece al Medio oriente, l’apertura con Teheran che conseguenze potrà avere?
Il riconoscimento di un ruolo centrale dell’Iran nella geografia internazionale è probabile che vada nella direzione di un rallentamento delle tensioni. Se gli Usa riescono a essere certi che l’Iran è un partner affidabile, anche la cosiddetta Mezzaluna sciita che dalla Siria attraverso l’Iraq arriva a Teheran potrebbe indebolirsi, tenendo conto che oggi essa costituisce una sorta di alternativa all’egemonia occidentale nell’area.