La Russia invaderà militarmente l’Est dell’Ucraina entro pochi giorni. Dietro il fumo della propaganda e delle dichiarazioni ufficiali, è questo lo scenario che salvo un miracolo ci dobbiamo aspettare. Una tensione che trapela del resto dalle parole del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il quale ha affermato che l’Occidente intende “sequestrare” l’Ucraina, con un’escalation verbale negli scambi di accuse tra Usa e Russia che non promette nulla di buono. L’ex ministro della Difesa e senatore Mario Mauro (Popolari per l’Italia) è appena tornato da un viaggio in Ucraina, nel corso del quale ha toccato con mano la realtà del movimento di Maidan. “La posizione delle potenze europee nei confronti di Putin assomiglia molto alla linea tenuta nel secolo scorso nei confronti della Germania, quando Berlino si mosse nel nome della riunificazione dei popoli di lingua tedesca alla vigilia della seconda guerra mondiale”, constata desolato il senatore Mauro.



Quali sono stati i risultati del suo viaggio in Ucraina?

Innanzitutto ho osservato una domanda di verità e di giustizia da parte di larghi strati della società ucraina, che rendono credibile la domanda di Europa. Il movimento di piazza Maidan nasce da una seria volontà di una generazione che vuole fare i conti con la storia dell’Ucraina e dell’Europa dell’Est degli ultimi anni.



Come si aspetta che evolva la situazione?

Sono molto preoccupato perché è chiara la volontà di Putin di piegare questa domanda di libertà e di verità a un progetto geostrategico molto chiaro. L’orizzonte russo si muove all’interno della cosiddetta “teoria dello spazio vitale”. Putin si immagina la Russia come un castello assediato che ha bisogno di un “fossato” per fronteggiare i suoi presunti nemici. Questo “fossato” è costituito in primo luogo da Bielorussia e Ucraina, che in questa visione non potranno mai essere considerate in una prospettiva europea, e men che meno in quella dell’alleanza Nato.



Quali azioni prevede da parte della Russia?

C’è il rischio immediato di un’operazione militare russa nell’Est dell’Ucraina, che può mettere a repentaglio l’unità del Paese, la sua integrità territoriale e la sua natura di Stato sovrano. Ciò è ancora più probabile dopo alcuni errori commessi dal neo-governo ucraino, come la legge contro l’utilizzo del russo nella parte russofona del Paese. Ma questo non deve distogliere l’attenzione dal fatto che l’annessione russa della Crimea rappresenta una violazione del diritto internazionale e un vero e proprio attentato alla pace e alla stabilità nel mondo.

In che senso lei parla di un “rischio immediato”?

Già i prossimi giorni possono essere decisivi per la sovranità dell’Ucraina.

 

Come reagirà la comunità internazionale?

L’orizzonte che realmente si prospetta è una sollecitazione degli Usa nei confronti dell’Ue per fermare la Russia attraverso le sanzioni economiche. L’Onu è di fatto bloccato da un gioco di veti che sembra riecheggiare molto quello della Guerra Fredda. Ciò costringe Washington a fare i conti con Mosca, al di là del fatto che negli anni sia stato sottaciuto il problema nel nome della comune lotta al terrorismo islamico.

 

Gli Stati Uniti si limiteranno ad attuare sanzioni economiche?

Non credo che per Washington sia ipotizzabile uno scontro aperto, per di più in un territorio così distante dagli Usa. Un conflitto bellico con la Russia mi sembra inoltre inimmaginabile. Rimane però il fatto che l’America sta portando soldati nei territori immediatamente contigui, come Polonia, Lituania, Estonia e Lettonia. Quello di un conflitto tra Usa e Russia è il peggiore degli scenari immaginabili, ed è un dovere fondamentale della comunità internazionale evitare che si concretizzi, anche grazie a un protagonismo italiano che si faccia interprete di una volontà di pace senza rinunciare a chiamare le cose con il loro nome.

 

E sarebbe?

Ritengo che non si debba tendere a giustificare l’intervento russo solo perché si colgono seri pericoli dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico, o in virtù del fatto che la Russia è grande e forte. Questa posizione assomiglia molto all’atteggiamento tenuto dalle potenze europee quando un altro colosso ideologico e militare si mosse nel nome del principio di riunire le genti di lingua tedesca alla vigilia della seconda guerra mondiale.

 

Rischiamo che si ripeta quanto avvenne nel 1939?

Non ce lo possiamo permettere, perché quella che una volta era la legge della deterrenza sarebbe ancora una volta travalicata dalla sostanza dei fatti, dal momento che la dotazione di armi dei Paesi dell’era contemporanea è assolutamente inimmaginabile.

 

(Pietro Vernizzi)