Cristiani costretti a fuggire dalle loro case, oppure destinati a rimanervi uccisi. È accaduto a padre Francis Van Der Lugt, gesuita di 72 anni, in Siria dal 1964. Il sacerdote si è rifiutato fino all’ultimo di abbandonare i pochi cristiani che ancora vivono nella città di Homs, ormai nella mani dei ribelli siriani. Ieri un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nel monastero di Bustan al-Diwan e ha sparato al sacerdote, uccidendolo. Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha ricordato con parole accorate padre Francis, esprimendo “partecipazione nella preghiera” ma anche “gratitudine e fierezza” per la “testimonianza dell’amore di Gesù fino alla fine”. Una situazione simile a quella di padre Francis la vivono i cristiani di Kessab, cittadina a maggioranza armena al confine tra Siria e Turchia che, come già riportato da ilsussidiario.net, è stata invasa e occupata nei giorni scorsi da milizie islamiche fondamentaliste provenienti dalla Turchia. In questo caso i cristiani hanno scelto di abbandonare le loro case. Non è certo la prima volta che città cristiane in Siria vengano invase e devastate dagli islamici, quello che preoccupa è però la provenienza turca, segno di un coinvolgimento non ufficiale, ma evidente di Ankara. Abbiamo raccolto la raccolto la testimonianza del pastore della Chiesa armena evangelica di Kessab, Sevag Trashian, anche lui profugo come i suoi concittadini.



Com’è ora la situazione a Kessab? Siete ancora costretti a vivere in un’altra zona della Siria? 

La situazione a Kessab, secondo le ultime indiscrezioni, si sta evolvendo a favore dell’esercito arabo-siriano. Tuttavia, non è ancora chiaro quando sarà possibile ritornarvi. Abbiamo notizie di scontri molto duri a Kessab tra i gruppi estremisti e l’esercito arabo-siriano. Attualmente siamo costretti a vivere nella città di Laodicea, poiché Kessab è in mano ai combattenti estremisti provenienti dal confine con la Turchia, con l’aiuto e la diretta partecipazione dell’esercito turco che ha bombardato i posti di blocco dell’esercito arabo-siriano. 



C’è qualche previsione per il vostro ritorno?

Speriamo di poterci tornare presto perché Kessab è è una delle città più importanti per il nostro popolo. Non si può dimenticare questo. Essa era parte dello storico regno della Cilicia, che era un regno armeno. Preghiamo e lavoriamo su ogni fronte per riavere indietro Kessab.

Dall’inizio della guerra in Siria, questa è stata la prima volta che Kessab è stata attaccata?

Intorno a Kessab, non presso il confine turco, ma nella parte siriana dell’area di Furenloq si è parlato di infiltrazioni di combattenti estremisti in piccoli gruppi da zone che erano già sotto il loro controllo. Queste minacce ci sono state, ma non hanno raggiunto Kessab. 



Si parla di coivolgimento del governo turco in questo attacco, è davvero così?

Quest’ultimo attacco è stato orchestrato dal governo turco perché i combattenti provengono direttamente dalla Turchia e hanno bombardato Kessab dalla Turchia con l’assistenza e, a volte, la diretta partecipazione dell’esercito turco.

 

Questo perché voi siete armeni?

Da tre anni a questa parte, la Turchia ha sempre mostrato ostilità nei confronti della Siria. Pensiamo che la sua diretta partecipazione all’attacco a Kessab abbia a che fare con i suoi molteplici interessi in questo conflitto. Parte di questi interessi è liberarsi degli armeni che vivono vicini al confine. 

 

Che tipo di speranza nutrite voi? In che modo la fede vi sta aiutando? 

La nostra speranza è in Dio onnipotente e le nostre costanti preghiere sono di ringraziamento per essere vivi ed essere sopravvissuti a questo attacco. Speriamo anche di poter tornare nella nostra terra. Le nostre preghiere vanno anche all’esercito arabo-siriano che ha subito molte perdite umane nella battaglia di Kessab e noi crediamo che potrà riportare Kessab nel cuore della Siria.