Dallo scorso 12 di febbraio gli studenti venezuelani – e metà del Paese – stanno manifestando, quasi tutti i giorni, in tutte le città per chiedere democrazia, libertà e pace (25.000 omicidi nel solo 2013), scatenando una forte e violenta repressione da parte del governo del Presidente Maduro. Una repressione che ha causato più di 50 morti e 2000 arresti, tra cui quello del leader dell’opposizione Leopoldo Lopez, per non parlare della distituzione di Maria Corina Machado dal ruolo di deputata dell’Assemblea Nazionale.
IlSussidiario ha raggiunto Rocio Guijarro, direttrice del più importante think tank venezuelano, il Centro de Divulgación del Conocimiento Económico para la libertad (Cedice-Libertad). Proprio di recente, il Cedice ha celebrato con un grande evento i 30 anni di attività, in favore del libero mercato e in difesa della libertà individuale. Tra i vari ospiti illustri il Premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa con la sua Fundacion Internacional para la Libertad, ma anche tanti importanti think tank internazionali come l’Atlas Research Economic Foundation, la Fondazione Faes dell’ex Premier spagnolo José Maria Aznar, e il Cato Institute.
Direttrice Guijarro, qual è la vera situazione del Paese, mal raccontata dai media internazionali? Quali sono le principali violazioni del governo di Maduro?
La situazione è molto difficile se non drammatica per i giovani. La maggioranza di loro non ne può più di vivere in un Paese dove le restrizioni sono sempre più soffocanti a causa degli innumerevoli controlli e abusi dello Stato: come le frequenti espropriazioni (il Venezuela si posiziona 127° sui 131 paesi analizzati dall’Indice Internazionale dei Diritti di Proprietà, ndr), per non parlare della mancanza di certi alimenti basici come il latte o lo zucchero. Ormai nessuno vuole più investire economicamente in Venezuela.
Sono questi i motivi delle manifestazioni dei movimenti studenteschi?
Si, queste sono sicuramente le principali cause che hanno fatto si che gli studenti venezuelani e metà del Paese iniziassero a protestare, scatenando la violenza repressiva da parte del governo. Migliaia sono i detenuti torturati, per non parlare dei prigioneri politici, come il leader dell’opposizione Leopoldo Lopez. Per non parlare poi dell’arresto, in questi ultimi giorni, di Rodrigo Diamanti, presidente di “Un Mundo sin Mordaza”, una ONG venezuelana che si batte per la difesa dei diritti umani e per la libertà di espressione. Quello che ci preoccupa è che le organizzazioni internazionali e i governi dei paesi democratici non stanno esercitando un’adeguata pressione affinchè venga percepita questa aperta violazione dei diritti umani.
Dopo 16 anni di governo chavista, qual è il futuro della libertà in Venezuela?
Tutti coloro che stanno lottando per la libertà hanno la forte speranza che presto il Paese uscirà da questa drammatica cirisi in cui è sprofondato. Siamo convinti che riusciremo a costruire presto un nuovo Venezuela, grazie al rilancio dell’economia di mercato e a un clima favorevole agli investimenti stranieri, due premesse fondamentali per creare ricchezza, posti di lavoro e finalmente ridurre drasticamente la povertà. E il Cedice-Libertad continuerà questa nobile battaglia in nome della libertà.
Come si è svolto questo importante evento internazionale con cui avete celebrato i vostri 30 anni di attività e che ha visto come ospite d’onore il Premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa?
L’evento ha rappresentato una grande sfida per tutti noi, considerando la drammatica crisi politica ed economica che sta attraversando, da anni, il Paese. Un evento che ha sicuramente rappresentato un punto di riflessione per coloro che credono nella libertà ma anche per tutti coloro che continuano a credere nelle idee del socialismo. È stato senza ombra di dubbio un grande momento per il Venezuela, che ha visto la partecipazione di più di 40 esperti da tutta l’America Latina, Europa e Stati Uniti, e che corragiosamente hanno accettato di partecipare alla celebrazione dell’anniversario dei 30 anni di attività politica, culturale in nome delle libertà. Come ospite d’onore ci ha accompagnato il Premio Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa, grande sostenitore e promotore del liberalismo in America Latina.
Avete avuto una buona partecipazione a questo grande evento?
All’evento hanno partecipato ben 700 persone, un numero nettamente superiore al previsto, tanto che molti dei partecipanti hanno dovuto seguire il dibattito tramite gli schermi collocati all’esterno. Siamo molto soddisfatti perchè l’evento, in sé, ha avuto una grandissima copertura mediatica sia a livello nazionale che internazionale. È stato sicuramente un incontro storico, in un momento di grande polarizzazione politica, dove per due giorni si è parlato e discusso di libertà, sussidiarietà e democrazia.
Quando è nato Cedice-Libertad? Qual è la sua storia e quali sono i maggiori risultati ottenuti in questi primi 30 anni di attività?
Cedice-Libertad nasce nel 1984 con l’obbiettivo di difendere, educare e promuovere la cultura della libera impresa, dell’iniziativa individuale, dei diritti di proprietà e della cultura del governo limitato. Grazie a questa particolare missione siamo riusciti, nel corso degli anni, a formare una massa critica di giovani venezuelani e latinoamericani innamorati dell’ideale di libertà, l’unico antidoto a ogni ideologia totalitaria. Uno dei nostri principali successi è stato proprio quello di creare veri e propri corsi di formazione per giovani, giornalisti, imprenditori e ricercatori sulle principali tematiche pubbliche, come: la sicurezza sociale, l’economia informale, i diritti di proprietà e lo sviluppo economico. Oltre ai corsi di formazione, un ruolo importante è ricoperto anche dalle nostre costanti pubblicazioni nei principali giornali nazionali.
Quali altri mezzi utilizzate per la promozione delle vostre idee?
Sempre per quanto riguarda la diffusione delle idee liberali, un ruolo importante è sicuramente ricoperto dai social media come Twitter, tanto che il nostro account è il più seguito tra tutti i think tanks free-market dell’America Latina. In questi anni abbiamo avuto l’onore di ricevere prestigiosi riconoscimenti internazionali, come il Templeton Freedom Award, ed essere riconosciuti dall’Università della Pennsylvania come il think tank più influente dell’America Latina e il numero 128 su 150 nel panorama mondiale.
Sono trascorsi quasi 40 anni dalla prima publicazione dello storico libro di Carlos Rangel “Dal buon selvaggio al buon rivoluzionario”, che ha rappresentato, in tutti questi anni, la miglior risposta al famoso “Le Vene aperte dell’America Latina” di Eduardo Galeano, tanto esaltato dalla intellighenzia della sinistra internazionale. Qual è il lascito culturale e letterario di questo importante libro?
“Dal buon selvaggio al buon rivoluzionario” mantiene una totale attualità nei contenuti e nelle premesse. Carlo Rangel, co-fondatore del Cedice, è stato un grande visionario che ha saputo raccontare e prevedere i drammi del socialismo in anni in cui questa ideologia sembrava vincente. Questo è un libro che sempre raccomandiamo ai giovani affinchè possano conoscere il dramma ipnotico del populismo. Per quanto riguarda il libro di Eduardo Galeano “La vene aperte dell’America Latina”, tanto amato e letto dai populisti di sinistra, è importante ricordare che l’autore stesso ha, recentemente, dichiarato che non riscriverebbe le stesse tesi del libro. Una dichiarazione importante e che fa luce sulla fallacia del libro.
(Lorenzo Montanari)
In collaborazione con www.think-in.it