I leader africani incontrandosi a Parigi hanno stabilito di comune accordo di dichiarare guerra ai militanti islamisti del gruppo nigeriano di Boko Haram. Il presidente francese Hollande, che ha ospitato il vertice, ha dichiarato che le potenze regionali hanno concordato di condividere le informazioni dei servizi segreti e di coordinare le operazioni contro il gruppo. Lo scorso mese Boko Haram aveva rapito 223 studentesse nella Nigeria nord-orientale, e nuovi attacchi si sono registrati la notte tra venerdì e sabato in Nigeria e Camerun. Ne abbiamo parlato con Jean-Leonard Touadi, scrittore originario del Congo ed ex deputato del Pd.
La dichiarazione dei leader africani può aiutare a risolvere i problemi legati a Boko Haram?
Considero un bene che finalmente la comunità internazionale si sia accorta che il pericolo Boko Haram non è circoscritto alla Nigeria, e che già da anni questa minaccia ha abbracciato altri Paesi della zona. Stiamo parlando del Camerun, della Repubblica Centroafricana e del Ciad, ma anche dell’alleanza tra il movimento nigeriano e i gruppi integralisti che agiscono nel Mali e in tutto il deserto alla frontiera con la Libia. Quella dei leader africani una presa d’atto tardiva ma importante e necessaria.
Quale strategia efficace può essere intrapresa dai leader africani contro Boko Haram?
I leader africani devono rendersi conto che quando si strumentalizzano movimenti come Boko Haram a fini di politica interna, poi non è detto che si riescano a controllare le conseguenze di tutte le azioni che compiono questi movimenti. C’è un bisogno urgente di una presa di posizione e di una presa di distanza netta della classe dirigente africana rispetto a questi movimenti, che in tutta evidenza rappresentano una minaccia alla stabilità non solo della Nigeria ma di tutta la regione.
Quali errori hanno portato Boko Haram a rafforzarsi?
C’è stata una sottovalutazione degli effetti a media e a lunga scadenza che l’azione di Boko Haram poteva creare sulla stabilità interna nigeriana. Come ha denunciato il premio Nobel per la Letteratura, Wole Soyinka, dentro gli apparati di sicurezza del governo nigeriano qualcuno ha avuto delle complicità con Boko Haram. In alcune grandi operazioni contro Boko Haram, c’è sempre stato un momento in cui il gruppo terrorista veniva a essere al corrente dei blitz.
Per quale motivo una parte dell’apparato nigeriano ha appoggiato Boko Haram?
La Nigeria è un crogiolo di gruppi etnici e religiosi, e può esserci una parte della classe politica hausa del nord che per motivi vari non si è riconosciuta nel governo centrale di Abuja o ha pensato che in qualche modo gli interessi della parte musulmana fossero poco rappresentati. E’ però innegabile che a un certo punto alcuni centri influenti del potere in Nigeria abbiano avuto una complicità con Boko Haram.
In che modo si può contrastare adeguatamente un movimento come Boko Haram?
Come tutti questi gruppi terroristici, anche Boko Haram si alimenta della disperazione. Se il Paese più ricco e più popoloso dell’Africa quale è la Nigeria ha il 60-70% della popolazione che vive sotto uno stipendio da un dollaro al giorno, quello è il brodo di cultura dentro a cui Boko Haram trova consenso e manovalanza. Il problema del riequilibrio della ricchezza, di dare opportunità ai milioni di giovani nigeriani che arrivano sul mercato del lavoro, è estremamente urgente. La povertà crea un contrasto sociale tale per cui possono alimentarsi le tentazioni e le scorciatoie dei giovani senza speranza.
Quanto può fare la Francia contro Boko Haram?
La Francia da sola non può fare nulla, ci vuole un approccio comune europeo nei confronti dei problemi africani. Nella media e lunga scadenza è l’intera Europa che deve sentirsi impegnata nel contrasto a Boko Haram, e non solo l’Europa ma anche la comunità internazionale, che non deve considerare il gruppo terrorista come un problema soltanto africano.
(Pietro Vernizzi)