E’ in corso il “gran trambusto” delle riunioni a Bruxelles, per poter creare una Commissione credibile, in base ai risultati delle ultime elezioni europee. La questione che si pone oggi è forse irripetibile nella breve storia dell’Unione Europea, perché proprio in questo momento si potrà vedere se prevarranno le “abbastanza contorte”, spesso contraddittorie, norme dei trattati, oppure si terrà conto di una valutazione più complessiva, che riguarda anche il peso dei singoli Stati all’interno dell’Unione. In altri termini occorre vedere se si deciderà secondo criteri più attinenti alla politica, al momento politico che sta vivendo l’Europa, dopo la ventata euroscettica che ha investito uno dei cuori del vecchio continente come la Francia.
Non c’è dubbio che dando uno sguardo al Parlamento europeo nel suo complesso, le due grandi famiglie dei popolari e dei socialdemocratici possono dettare legge e imporre la continuazione della linea politica portata avanti in questi anni.
Ma quale rischi correrebbe l’Unione europea? All’interno delle due stesse grandi famiglie dei popolari e dei socialdemocratici ci sono posizioni differenti, non solo sfumature sulla politica del rigore e dell’austerità. In questo senso, la posizione italiana, quella che è emersa con la schiacciante vittoria di Matteo Renzi, può giocare una parte determinante e invitare a scegliere una candidatura di mediazione. Ed è lo stesso Presidente del Consiglio italiano che ha dato il via a una serie di dichiarazioni che indicano una correzione di rotta, se non addirittura una sorta di “ricostruzione” dell’Europa.
Non a caso è spuntato il nome di Enrico Letta, proprio nelle ultime ore, perché Letta è più che credibile per una vasta area europea. E inoltre conosce i meccanismi dell’Unione, non è scomodo all’area del Nord e quindi ai tedeschi. Sarebbe una candidatura di buon senso, una correzione rispetto all’Europa che ha marciato a senso unico in questi ultimi anni all’ombra della crisi e della recessione.
Si avverte più che mai la necessità di un vaglio ben ponderato delle designazioni che verranno dal Consiglio degli Stati e che poi dovranno affrontare l’esame del Parlamento. A rigor di logica politica, proprio di fronte alla ventata euroscettica di queste elezioni, la stessa Angela Merkel dovrebbe e potrebbe concordare con una scelta di lenta correzione della sua linea intransigente e riconoscere all’Italia del voto europeo una credibilità che in passato non ha mai avuto.
La partita è tutt’altro che semplice. I giornali tedeschi, ad esempio, continuano a scrivere che non si può far governare l’Europa da Mario Draghi, l’attuale presidente della Bce. Si può quindi immaginare come può diventare difficile una mediazione, una correzione di linea che poggi su un binomio tutto italiano, da Draghi a Letta. Sarebbe il completo rovesciamento dell’immagine che l’Italia ha avuto in Europa in questi ultimi anni.
L’impressione complessiva è quindi quella di trovarsi di fronte a una svolta dell’Unione europea, dove non solo viene rimessa in discussione una linea che è stata pesantemente avversata, ma anche a una svolta di carattere formale, istituzionale, dove la “competenza tecnica” della Commissione deve fare i conti con la nuova realtà politica che sta emergendo.
La spina nel fianco francese può al momento essere neutralizzata alla luce dei numeri del Parlamento di Strasburgo. Ma forse sarebbe necessario dare un po’ di ascolto al vecchio consigliere di Francois Mitterrand, Jacques Attali, che mette in guardia sul futuro della Francia e di riflesso sul futuro della stessa Europa. Vale la pena per l’Unione europea correre un rischio come quello che paventa Attali?