“La proposta del ministro Pinotti di un’operazione di peace keeping in Ucraina è encomiabile e va nella direzione giusta. Perché i suoi effetti siano positivi occorrono però tre condizioni: l’egida dell’Onu, una richiesta esplicita da parte del governo di Kiev e lo scopo di garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina nei confronti della Russia”. Lo sottolinea l’ex ministro della Difesa, Mario Mauro, commentando le parole del suo successore Roberta Pinotti. Quest’ultima, nel corso di un’intervista a Repubblica, aveva evidenziato: “Se dovesse servire l’Italia è disposta anche a inviare un contingente di peacekeeper. Non possiamo stare a guardare: certo senza agire da soli, ma attraverso l’Onu, la Nato e l’Unione Europea. Se dovesse servire dobbiamo essere disponibili anche a questo”.
Senatore Mauro, è favorevole alla proposta del ministro Pinotti?
Un’operazione di peacekeeping implica il consenso in sede di Nazioni Unite, oltre che la disponibilità del governo ucraino ad ammettere un contingente internazionale sul suo territorio. La preoccupazione espressa dal ministro Pinotti perché l’Europa si adoperi in modo convincente per acconsentire è raffreddare la crisi è encomiabile e va nella direzione giusta.
Ritiene che l’unica ipotesi possibile sia quella di un’operazione a guida Onu, o anche di Ue e Nato?
Senz’altro deve essere un’operazione concordata con le Nazioni Unite. Il conflitto nello scenario internazionale trae origine proprio dalle tensioni che un maggiore riferimento dell’Ucraina a Ue e Nato provocano da parte dei russi. Una missione guidata da Ue o Nato non farebbe altro che esacerbare queste tensioni.
La Russia ha il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Acconsentirà a un’operazione di peacekeeping in Ucraina?
Tecnicamente parlando si tratta di un’operazione che deve essere favorita esclusivamente dal governo di Kiev. L’Ucraina è un Paese la cui sovranità nazionale è del tutto integra. Accettare una forza internazionale di pace significherebbe ammettere in qualche modo le rivendicazioni dei diritti da parte russa nel rapporto con le popolazioni russofone. E’ importante che l’Europa spinga per scongiurare che la questione interna all’Ucraina dia adito a un riassorbimento di Kiev nella sfera di Mosca. Per questo l’ipotesi di un intervento italiano suscita diversi interrogativi.
Quali?
Quando si parla di un intervento di peacekeeping, bisogna vedere in primo luogo chi si dovrà separare da che cosa. Sarà una forza di pace schierata al confine tra Ucraina e Russia? Oppure si vuole approvare una risoluzione internazionale per imporre ai russi di abbandonare la Crimea, utilizzando la forza d’interposizione con questa finalità? O in alternativa il peacekeeping servirà a calmierare gli scontri tra russofoni e il legittimo governo ucraino, per impedire che sia violata l’integrità territoriale dello Stato? Quando si parla di intervento di peacekeeping occorre entrare poi nello specifico, e spiegare a quale intervento si pensa.
Secondo lei quale soluzione sarebbe la migliore?
La verità è che in questo momento è Kiev a correre i rischi più grandi, e quindi se deve esserci una presenza internazionale dovrà essere tesa a salvaguardare l’integrità territoriale dell’Ucraina.
Con quali mezzi è possibile che ciò avvenga?
Oggi non ci sono le condizioni per avere un’idea chiara di ciò. La verità è che questo dovrebbe essere principalmente il momento della diplomazia, che dovrebbe concentrarsi sul rapporto con la Russia per farle comprendere che non ha nessuna convenienza a destabilizzare l’Ucraina. Non c’è convenienza né per il ruolo che la Russia ha rispetto all’Europa e alla sfera globale, né per quelli che potrebbero essere potenzialmente i problemi di Mosca stessa a convivere con uno scenario così fortemente compromesso a poca distanza da casa propria.
A quali condizioni è possibile riuscire a convincere la Russia?
Certamente sanzioni economiche da parte di Italia e Germania avrebbero forti ripercussioni su Mosca, ma danneggerebbero la stessa economia dei due Paesi europei. La vera questione è quindi un’altra. La Russia oggi ha profondamente rivalutato i suoi scenari, e per prendere consapevolezza dell’indispensabilità di un rapporto aperto con l’Europa, è necessario che riconosca i fondamenti valoriali dell’Ue. Solo una Russia democratica può dialogare liberamente con l’Ue senza avvertirla come un’antagonista.
(Pietro Vernizzi)