A 23 giorni dal rapimento di oltre 200 studentesse nigeriane da parte di Boko Haram, altre 11 ragazze tra i 12 e i 15 anni sono state catturate lunedì notte nella zona di Gwoza al confine con il Camerun. Il loro destino è quello di essere vendute per poche decine di dollari, rese schiave e obbligate a sposare uomini molto più anziani. Il presidente nigeriano Goodluck Jonathan è finito sotto un fuoco di accuse in quanto il governo inizialmente ignorato e quindi sottovalutato il rapimento delle ragazze, che ora sono al centro di una campagna dei social media che ne chiede il ritorno a casa. Ne abbiamo parlato con l’arcivescovo di Jos, Ignatius Kaigama.



Per quale motivo la strategia di Boko Haram è passata dagli attentati al rapimento delle studentesse?

Boko Haram ha numerose strategie e quella di rapire delle studentesse è una delle più crudeli. Uno degli obiettivi del gruppo terrorista è dimostrare che l’educazione occidentale non ha alcun valore, e del resto il significato del termine Boko Haram in lingua hausa è “L’educazione occidentale è un sacrilegio”. Queste nuove azioni si inseriscono dunque pienamente nel programma del movimento fondamentalista.



Pochi giorni fa una nuova bomba ha colpito la capitale Abuja. Che cosa sta avvenendo in Nigeria?

I recenti attentati sono stati sconvolgenti e i nigeriani sono molto preoccupati per gli ultimi sviluppi della situazione. Il governo e la polizia avevano assicurato che avrebbero riportato la situazione sotto il loro controllo, ma ogni giorno si assiste a nuove azioni da parte di Boko Haram. Se l’attentato si fosse verificato alle periferie della città o in uno dei molti villaggi, si poteva comprendere che il governo non fosse stato in grado di prevenirlo. I fondamentalisti però hanno colpito nel centro della capitale, nei quartieri generali di Esercito e polizia.



Anche nel caso delle studentesse rapite ritiene che il governo non sia stato all’altezza?

Il governo ha dichiarato che il suo primo obiettivo è quello di sconfiggere Boko Haram e per farlo ha investito grandi risorse. Numerosi militari e agenti di polizia combattono il gruppo terrorista in quanto si rende conto che tutto ciò che sta compiendo sono omicidi e distruzione. Boko Haram sta sfidando il presidente, per mostrare che i suoi sforzi non sono sufficienti a difendere il Paese. I terroristi sembrano avere ogni giorno più successo, anche se il governo ci sta mettendo tutto l’impegno e la buona volontà per sconfiggerli.

In che modo è possibile sconfiggere Boko Haram?

Non dobbiamo pensare a quanto sta avvenendo in Nigeria come a una guerra che vede Boko Haram e forze dell’ordine combattersi su due fronti contrapposti. Boko Haram è un movimento senza volto, e nessuno può dire chi sia veramente. I loro membri possono travestirsi da persone comuni e quindi attaccare all’improvviso. E’ ciò a rendere così difficile la lotta contro il gruppo terrorista. Sono molto abili nel mescolarsi alla comunità civile e godono del sostegno e delle simpatie di personalità molto vicine al presidente, di militari e di funzionari.

 

Come si spiega che l’odio abbia messo radici così profonde in questo settori della società nigeriana?

Come ha dichiarato lo stesso presidente Jonathan Goodluck, c’è una presenza di esponenti di Boko Haram anche nelle istituzioni. Non ci sono dubbi sul fatto che il livello di successo di Boko Haram è legato strettamente ai suoi sostenitori nei vari organismi della nazione. Altrimenti non si spiega come i terroristi possano colpire il quartier generale della polizia ad Abuja, in un’area vicinissima al palazzo presidenziale. Il mio sospetto quindi è che i terroristi godano della collaborazione di figure all’interno delle istituzioni, che forniscono loro le informazioni dall’interno e che sono dei loro grandi simpatizzanti.

 

(Pietro Vernizzi)