Tutto pronto per le elezioni presidenziali in Siria del 2 giugno prossimo in occasione delle quali si sfideranno tre candidati: il primo è il presidente uscente Bashar Assad, dal 2000 al potere a Damasco. Il suo principale “avversario” è Maher Hajjar, parlamentare di Aleppo eletto nelle fila del Partito della Volontà Popolare di tendenze filo-comuniste. In lizza anche Hassan Al-Nouri, ministro della Funzione pubblica nel governo Assad dal 2000 al 2002. Abbiamo intervistato il reverendo Adeeb Awad, leader del Sinodo Nazionale Evangelico di Siria e Libano.
In che modo queste elezioni presidenziali sono vissute dai cristiani siriani?
Noi cristiani siamo molto entusiasti di queste elezioni presidenziali, per almeno due ragioni. E’ la prima volta nella storia moderna della Siria che abbiamo delle elezioni democratiche anziché un “referendum” su un solo candidato come è avvenuto negli ultimi 40 anni. In secondo luogo noi cristiani vediamo in queste elezioni un’opportunità per votare per la Nazione, e non soltanto per uno dei politici che si sono candidati.
In che senso quello di martedì sarà un voto per la Nazione?
Perché sarà un voto contro l’intervento straniero, voluto dalle potenze mediorientali e occidentali e che sta proseguendo da diverso tempo in Siria. Stati Uniti, Europa, Turchia, Arabia Saudita, stanno inviando dei terroristi con l’obiettivo di disintegrare la Siria e distruggere il Paese. Queste elezioni sono quindi un’opportunità per dire che siamo totalmente contrari a un intervento straniero, in forma diretta o indiretta. Stiamo inoltre votando per l’unità e per il patrimonio nazionali, perché la Siria per noi è uno dei migliori luoghi per i cristiani nel mondo arabo. I cristiani in Siria godono di una maggiore libertà rispetto a quelli di qualsiasi altro Paese del Medio Oriente.
La campagna elettorale per le elezioni è stata libera o ci sono state restrizioni?
Non c’è stata alcuna restrizione. In queste elezioni abbiamo tre candidati principali, ciascuno dei quali è molto preparato e ama il suo Paese. Tra loro c’è Bashar Assad, il quale per cristiani e musulmani è il simbolo dell’unità nazionale e del rifiuto di un intervento straniero nel nostro Paese. Ma anche Maher Hajjar e Hassan Nuri difendono l’unità della Siria e la lotta ai terroristi che si radunano qui da 83 Stati nel mondo solo per uccidere e distruggere. I terroristi hanno colpito in primo luogo le chiese e gli altri luoghi nei quali vivono i cristiani. I tre candidati danno voce agli stessi ideali, pur avendo differenti ricette per quanto riguarda l’economia.
Quali sono le speranze dei cristiani per il futuro della Siria?
I cristiani siriani stanno portando avanti sforzi significativi, sia nel nostro Paese sia nelle sedi internazionali, per preparare un futuro diverso. Io stesso sono coinvolto personalmente in un gruppo molto motivato, che gode del supporto del ministero degli Esteri norvegese e del King’s College di Londra. Siamo un team di esponenti del clero siriano appartenenti a diverse confessioni, inclusa la componente più ragionevole dell’opposizione, e possiamo rappresentare un modello per l’intero Medio Oriente.
Com’è la situazione per le Chiese cristiane in Siria?
La scorsa settimana il team di cui parlavo si è recato nel centro di Homs per un sopralluogo, e abbiamo scoperto che l’intera area dove si trovava la chiesa era stata completamente distrutta e le vetrate erano state infrante. I cristiani, anche se sono rimasti senza casa, vogliono però tornare nelle loro città, tanto che le messe sono sempre molto affollate. L’unica comunità cristiana che non possiamo visitare è quella di Aleppo, in quanto ci sono serie difficoltà a raggiungere la città. Ci rechiamo però regolarmente nel Sud, nell’Est e nel Nord-Est della Siria, oltre ovviamente che nei vari quartieri di Damasco.
(Pietro Vernizzi)