Nel nord dell’Iraq i miliziani jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) vanno conquistando nuove posizioni, dopo la presa delle città principali. Il presidente americano Barack Obama ha aperto un confronto con l’Iran per studiare eventuali contromisure, che potrebbero apparire inevitabili. Ilsussidiario.net ne ha parlato con Gian Micalessin, inviato di guerra del Giornale.




Qual è la sua opinione su quanto sta accadendo nel nord Iraq?

L’Isis nasce in Iraq ed è la continuazione di Al Qaeda. È la diretta conseguenza di quello che è accaduto nel nord del paese, quando con il generale statunitense Petraeus si tentò di dare spazio ai sunniti. Con la ritirata dell’esercito americano però la minoranza sunnita fu repressa, discriminata dal regime a maggioranza sciita del premier al-Maliki. Così i sunniti ritornarono dalla parte di Al Qaeda, che raccoglie sunniti, fondamentalisti islamici, nostalgici di Saddam Hussein. 



Vuole spiegarci meglio chi sono questi fondamentalisti?

Isis è anche un movimento che ha goduto di finanziamenti da grossi Stati, come il Qatar e l’Arabia Saudita. È l’organizzazione che ha rapito padre Dall’Oglio. Il movimento che, sfruttando i vecchi canali dello jihadismo che portavano i miliziani in Siria e Iraq, ha preso il triangolo sunnita e il settentrione iracheno. Da Aleppo a Qamishli, passando per Raqqua, fino al confine con l’Iraq dove ha conquistato Falluja, Ramadi, Mosul. 

L’avanzata dell’Isis mira anche ai Paesi più prossimi, come l’Iran?



Le dinamiche sono varie. C’è la riproposizione della lotta dei sunniti contro gli americani dopo la deposizione di Saddam Hussein. Della guerra settaria tra sunniti e sciiti. Da questo punto di vista è una guerra di sunniti contro gli sciiti iracheni del regime di al-Maliki. Quindi, anche contro gli sciiti del regime iraniano. Che ha già mandato due battaglioni a difesa di Bagdad.

Che errori sono stati fatti?

Dobbiamo rilevare l’assoluta assenza degli Stati Uniti, che dopo il 2011 hanno completamente perso di vista la questione irachena. L’avanzata di Isis non comincia da oggi. Chi aveva occhi per vedere l’aveva notata fin dallo scorso dicembre.

Gli Stati Uniti si sono dichiarati a sostegno del governo di Bagdad: quali sono i termini dell’iniziativa Usa?

La loro posizione è imbarazzante. Gli americani hanno perso qualunque controllo sul governo di al-Maliki e Obama quando si è ritirato ha detto che il capitolo iracheno era concluso. Ha poi rifiutato di dare aiuto ad al-Maliki quando due mesi fa ha chiesto l’invio dell’aviazione statunitense. Al-Maliki ha chiamato la Casa Bianca, parlato con il vicepresidente Biden e copia della telefonata è stata inviata al presidente, ma Obama non ha dato risposta. La realtà è che Obama ha fatto un grave errore quando ha firmato la richiesta di ritiro dall’Iraq e adesso è in una situazione complicatissima, frutto di questa miopia. 

In quali termini?

Perché intervenire oggi in Iraq significa sancire un’alleanza con l’Iran, alleato di al-Maliki, di Bashar al-Assad e nemico di Israele. Oltretutto un intervento aereo, senza avere sul terreno le forze speciali, potrebbe non essere risolutivo. Obama è in una posizione delicatissima.

 

Il governo cinese ha dichiarato di essere “pronto a fornire a Baghdad ogni aiuto possibile” per affrontare l’emergenza. È davvero possibile un intervento della Cina?

La Cina ha interesse a intervenire in un’area dove la politica americana è sempre più debole. Nell’area però sono molto presenti gli iraniani e anche i turchi: Erdogan, a tre mesi dalle presidenziali, si è trovato con 48 diplomatici sequestrati e non dimentichiamoci che un anno e mezzo fa scoppiò un’autobomba in territorio turco. Dubito che la Cina interverrà sul terreno, probabilmente darà forze e aiuti. Il prezzo più alto, comunque, lo stanno pagando i cristiani. Sono in 40mila intrappolati a Qaraqosh, assediati dall’Isis e rischiano di cadere in balìa dei miliziani. A differenza di 5 anni fa, non hanno neanche più la possibilità di fuggire in Siria.

 

Ma il fronte dei fondamentalisti è davvero compatto?

Innazitutto, gli errori occidentali sono stati molti, nessuno per esempio ha studiato la composizione di quella complessa galassia che l’Occidente in modo sbrigativo ha chiamato “i ribelli”. Poi, l’Arabia Saudita ha preso le distanze da Isis. Nel conflitto siriano Ayman al-Zawahri, capo di Al Quaeda, aveva riconosciuto al-Nusra e disconosciuto Isis, che aveva scelto di combattere in Siria sfruttando altri canali che rifornivano di finanziamenti e armi…

(Daniela Tedioli)