La Francia si risveglia, dopo qualche giorno di dubbi, colpita al cuore. Non da un nemico che viene da oltreconfine ma dall’interno, un pericolo che vive nelle sue case ed è totalmente fuori controllo. E’ un jihadista francese l’autore della strage nel museo ebraico di Bruxelles del 24 maggio, passato per la Siria come combattente e tornato in patria per assolvere un altro compito sanguinario.
I dettagli dell’arresto e della dinamica dell’atto terroristico li lascio volentieri alla cronaca, ma occorre analizzare come e perché l’Europa oggi trovi nel suo ventre, molle e imbolsito, coloro che vogliono farla prigioniera e distruggerla. Non si parla di numeri né di personaggi isolati, come risulta piuttosto chiaramente dalle cifre emerse solo qualche settimana fa: più di 20mila cittadini europei, tutti convertiti all’islam in patria, hanno preso la via della Siria per andare a combattere. Moltissimi sono morti, altrettanti sono tornati qui e sperimentano il jihad all’estero, preparando e talvolta mettendo in atto massacri come quello di cui parliamo oggi. Ritornano da dove sono partiti e lo fanno con un bagaglio di morte e di assuefazione al sangue che li rende totalmente asserviti, programmati come robot fatti per uccidere e non fare prigionieri.
Combattono una guerriglia che noi ancora non abbiamo compreso a fondo. E che per ora ha rivelato solo piccoli stralci di quel che è in preparazione. Sono la manovalanza dell’estremismo e dell’integralismo organizzato, della macchina della propaganda e del proselitismo delle conversioni, del Dawa Tabligh e delle moschee fai da te, degli imam da garage e dei forum jihadisti sul web.
La notizia dell’arresto in Francia come sempre ha destato poca attenzione in Italia, tuttavia pare che il personaggio in questione abbia transitato seppure per breve periodo per Brescia, che già in altre occasioni è stata definita una sorta di “centrale operativa” di certi movimenti e ambienti vicini al jihadismo. Passando per la Turchia, dove nessun servizio lo ha fermato, manifestando un’ambiguità che va risolta per bloccare il flusso di ritorno.
Nessuno è immune, lo dico da anni. E oggi la Francia si ritrova, a due anni esatti dall’attentato di Mohammed Merah alla scuola ebraica di Tolosa, sfregiata da chi è nato e vissuto sulla sua terra. E che ora la odia a tal punto da impregnarla di sangue. La guerra in Siria, scatenata dal jihadismo internazionale con l’appoggio delle potenze del Golfo, è lo spartiacque del secolo in questo senso, perché ha fatto da esca per migliaia di arabi ed europei, questi ultimi caduti in gran parte della rete delle conversioni e del proselitismo, che fa di uomini normali delle macchine di morte, pronte all’assassinio e al sacrificio estremo.
Le elezioni siriane che avranno luogo dal 3 giugno, vista la quasi certa affermazione di Assad, avranno un rovescio della medaglia pesante, perché qualora la vittoria del governo prendesse forma la repressione del terrorismo porterebbe moltissimi jihadisti delle sigle più varie a scappare e a tornare nei paesi arabi e in Europa, con un rischio di proporzioni immani per il vecchio continente. Il nemico è dentro l’Europa, è fra i giovani insospettabili, fra coloro che non si fanno notare e vivono costantemente nell’ombra per preparare il colpo, fra quelli che terroristi non definiresti mai.
L’organizzazione che c’è alle spalle di questi manovali di morte è enorme e vanta “contiguità” in molti ambienti politici e sociali in Europa, tali che anche in Italia alcuni parlamentari si sono spinti a dire che la sharia dovrebbe essere legalizzata, con tutto ciò che ne consegue.
Il silenzio è l’arma migliore dei jihadisti, che sfruttano l’ombra per proliferare e fare nuovi adepti, dietro una cortina di indifferenza e di noncuranza dei particolari che è essa stessa terrificante. Si continua a denunciare, a testa alta e senza paura, ma i timori per un sussulto improvviso e letale ci sono, forti e chiari. Sono in mezzo a noi, ci passano accanto e ci osservano. Partono da qui, indottrinati e pronti ad uccidere, e qui tornano dopo aver assaporato il sangue dei massacri in nome di un’ideologia folle e assassina che è entrata nella loro vita e li ha resi schiavi della morte.