Mosca minaccia “gravi conseguenze”. E’ quanto ha detto venerdì il viceministro degli Esteri russo Grigori Karasin all’annuncio della firma degli accordi di associazione economica tra Unione europea e Ucraina, Georgia e Moldavia. Una firma in sospeso da mesi, ma che era rimasta congelata dopo il terremoto che ha sconvolto l’Ucraina. Che cosa significhi questa firma in un momento storico in cui la crisi ucraina è ancora completamente aperta e che conseguenze possa avere ilsussidiario.net lo ha chiesto a Dario Fertilio, scrittore e giornalista, esperto di scenari est europei. “La Russia di Putin sta vivendo un revival imperialista sovietico per certi aspetti e addirittura zarista per altri. In questo contesto l’Unione europea va solo applaudita per la capacità di difendere e promuovere la democrazia e i diritti nell’area ex sovietica”.
In un momento storico in cui la crisi ucraina è tutt’altro che risolta, la firma del trattato di associazione economica tra Ucraina, Georgia e Moldavia non poteva essere rimandata a un altro momento? Mosca ha già espresso il suo disappunto.
Bisogna fare un passo indietro per comprendere cosa sta accadendo. Yanukovich, il presidente ucraino deposto con la rivoluzione, aveva lui stesso annunciato l’accordo con l’Unione europea, nel quadro di quella che era la sua politica, una politica “dei due forni”. Da uomo filo russo, portava avanti anche un dialogo con l’Europa.
Sappiamo che lui stesso ha interrotto questo dialogo con l’Europa.
Certamente, perché è stata Mosca a dirgli di non tirare troppo la corda. La Russia stava dando vita all’unione euroasiatica con Bielorussia e altri stati dell’ex Unione sovietica, e voleva assolutamente che Kiev ne facesse parte. Ecco allora che Yanukovich è stato richiamato all’ordine ed è successo quanto sappiamo: rivoluzione, deposizione, apertura della crisi…
Torniamo al punto iniziale, l’Unione europea in questo quadro caotico.
Se noi consideriamo che l’Unione europea si era già impegnata a gennaio a firmare questi accordi e che dall’altro lato la Russia l’ha considerato una intromissione nella sua zona di influenza, comprendiamo cosa c’è dal punto di vista politico e diplomatico. Sarebbe stato clamoroso che l’Unione europea si sottraesse adesso a quegli impegni già presi.
Non le sembra che l’Unione europea potesse comunque sospendere questa firma almeno per un po’? Non si rischia di isolare e irritare ancora di più la Russia?
Il suo è l’interrogativo tipico della politica occidentale la quale ha uno scarso polso politico e culturale di cosa sia la Russia oggi. La sua domanda riprende l’atteggiamento di Angela Merkel quando dopo aver a lungo sostenuto di trattare con Putin per evitare una rottura con Mosca sbottò con la frase: Putin è fuori del mondo.
Ci dica allora che cosa è la Russia oggi.
La Russia di Putin vuole ripartire dall’area imperiale post sovietica ed è pronta a qualsiasi cosa, accontentandosi per adesso di piccoli successi come la presa della Crimea, in spregio a tutte le norme di diritto internazionale.
E Putin cosa rappresenta in questa Russia?
Nella mentalità di Putin e dei suoi uomini, i quali detengono il 60, l’80% del potere economico, una decina di oligarchi con caratteristiche mafiose, ci sono oggi due aspetti. Uno è quello postcomunista e filosovietico, lo abbiamo visto in azioni come la concessione della cittadinanza russa a tutti coloro che sono nati in stati ex sovietici oppure la dichiarazione di ribattezzare Volgograd nuovamente Stalingrado. E poi c’è l’aspetto neoimperiale, che si ricollega direttamente a Pietro il Grande e allo zarismo.
In questo contesto allora che voto diamo alla tanto criticata Unione europea per questo suo impegno sul “fronte orientale”?
Io direi senz’altro positivo. Noi non sappiamo cosa sarà fra due o tre anni l’Unione europea, con tutti i nodi che stanno venendo al pettine. Pensiamo alla tenuta dell’euro, alla sofferenza di tanti strati di popolazione, il modo con cui vengono usati i fondi strutturali di cui per paradosso l’Italia è tra i maggiori contribuenti. C’è chi, come il sottoscritto, pensa ci sarà una evoluzione confederale.
Cioè?
Un’Europa in cui diminuirà il potere centrale, aumenteranno i rapporti tra gli stati e vi sarà delocalizzazione dei poteri. Proprio un’Unione più larga e più vasta consente un decentramento del potere centrale e trova la sua principale ragion d’essere nella difesa della democrazia dell’area europea. Problemi interni ne ha, è vero, ma ha anche una funzione positiva quando si tratta di esportare la sua democrazia.