I nostri timori erano più che fondati. L’integralismo di matrice islamica ha uno Stato, anzi un califfato, in perfetto stile ottomano. Lo Stato islamico che si staglia geograficamente a cavallo fra Siria e Iraq ha preso forma e mostra il suo lato peggiore. Nemici sgozzati, crocifissi, trucidati e gettati in fosse comuni; ma tutto questo, nella sua indolenza secolare, l’Onu lo sapeva. E non ha fatto nulla. Come non ha fatto nulla per fermare Boko Haram, che ammazza, stupra e rapisce oltre ad incendiare chiese con tutti i fedeli dentro. Tutti, pur sapendo e vedendo, si sono lavati le mani dei massacri che si compiono nel nome di una religione distorta e dilaniata dall’estremizzazione.
La domanda che a questo punto occorre farsi è a cosa serva ancora l’Onu, a quale scopo possa servire un’istituzione che ormai si è adagiata nel controfirmare le volontà di potenza delle nazioni più grandi e fameliche. Che quando Russia e Cina hanno detto no all’invasione della Siria non ha saputo fare altro che lanciare strali contro chi definisce nemico della libertà. Visto che il Palazzo di Vetro non ha mosso un dito, assieme ai suoi sodali più accorati, per salvare gli iracheni, dobbiamo pensare che per chi vi abita gli estremisti islamici dell’Isis sono fautori della libertà? O che Boko Haram sia simbolo di libertà? Mi assumo tutte le responsabilità di quel che dico: che oggi, strutturata così com’è e legata in questo modo alle lobby nazionali e internazionali, l’Onu è una realtà sostanzialmente morta. E che negli ultimi decenni è stata prontissima ad avallare, con le sue ondivaghe risoluzioni, le dichiarazioni di guerra e le aggressioni militari a paesi come la Libia che di tutto avevano bisogno tranne che di un bombardamento a spazio aereo chiuso, di una caccia al piccione di cui hanno fatto le spese solo civili indifesi e qualche carovana di mercanti nel deserto.
L’Iraq, oggi, è lo specchio del fallimento del buonismo del Palazzo di Vetro, di quella Onu prona alle volontà dei potenti del mondo. Lasciare alla mercé di un gruppo di estremisti filo-qaedisti e jihadisti un Paese massacrato da dieci anni di guerra di posizione e di attentati sapientemente coperti dai media e dalla stampa internazionale. Andati via gli americani da Baghdad, con tutto il loro carico di bugie e di situazioni lasciate aperte all’ingresso di chi non aspettava altro se non impadronirsi di petrolio e di risorse vitali per il mondo intero. Dall’Africa al Medioriente, l’Onu ha lasciato fare i signori della guerra, e ora metterci mano diventa complesso; anche perché Obama ha deciso di non intervenire, per chissà quali accordi di fondo siglati in tempi non sospetti con coloro che “volevano” la Siria, e perché dall’Europa l’Iraq altro non pare se non un pallido simulacro geopolitico il cui destino è slegato da ogni interesse.
L’Iraq è caduto in mano agli estremisti con il beneplacito dell’Onu e dell’Europa, mute di fronte all’avanzata inarrestabile del male, che imperversa in quel quadrante. Capaci di lasciare Al Maliki da solo a fronteggiare un’ondata che si ingrossa ad ogni città che tocca, reclutando giovani come carne da macello e donne come schiave del jihad.