Erano in migliaia ieri pomeriggio le persone che si sono recate ai funerali di Eyal Yifrach, 19 anni, Naftali Fraenkel, 16, e Gil-ad Shaar, 16 anni anche lui, i tre ragazzi trovati morti dopo oltre due settimane di ricerche dopo essere stati rapiti mentre facevano l’autostop. I loro corpi sono stati trovati nei pressi della città palestinese di Halhul, a nord dell’insediamento ebraico di Hebron. Un ennesimo atto di violenza che insanguina i territori contesi della Cisgiordania, un odio senza fine che questa volta vede il sacrificio di tre giovanissimi e per questo ancora più brutale. Per Filippo Landi, corrispondente Rai da Israele, “in questo momento noi stiamo ancora ragionando su quanto ci dice il governo israeliano, ma in realtà non c’è nessuna prova che i vertici di Hamas abbiano deciso questa strage. Episodi di violenza estrema in questi territori si registrano da anni senza che nessuno abbia mai individuato i veri responsabili”. Per Landi, adesso Israele è a un bivio. Ce lo spiega in questa intervista.



Che idea si è fatto di questa vicenda, particolarmente efferata visto che ha colpito tre ragazzini di giovane età?

L’idea che ho di questa vicenda è che essa è solo la punta di una serie di violenze che sono state fatte per anni davanti a un atteggiamento di disinteresse dell’opinione internazionale e della diplomazia internazionale, ma anche di una parte dell’opinione israeliana, che ha preferito nascondersi dietro allo status quo. Avendone in cambio una falsa sicurezza. 



Ci spieghi meglio cosa intende con questo status quo.

Un disinteresse specifico verso la reale drammaticità della situazione, gli esempi potrebbero essere tanti. Per citarne uno dei più banali, penso che quando il Papa era a Betlemme la mattina alle 4.30 la gente era incolonnata a migliaia per avere la possibilità di arrivare a Gerusalemme, ma tutto questo era tenuto lontano dalle telecamere. C’è insomma una tensione quotidiana non risolta che ha prodotto l’ennesimo episodio di violenza. C’è poi un secondo aspetto che vede il governo israeliano davanti a un bivio.

Quale tipo di bivio?



Il bivio di chi ha sempre affermato di trattare solo con i palestinesi che riteneva favorevoli al processo di pace e non con tutti i palestinesi. Adesso chi ha affermato questo è alla prova del nove. I palestinesi dopo anni hanno raggiunto un governo di unità nazionale e questo fatto poteva essere la premessa per la conclusione delle trattative di pace, con tutti i palestinesi in qualche modo vincolati in quel senso. Per i governanti israeliani, ed è giusto precisare per i governanti e non per tutto il popolo, invece, questa nuova unità nazionale è un ostacolo al processo di pace, e quindi ecco che il governo dovrà decidere se andare adesso fino in fondo e rovesciare questa apparenza di autorità palestinese, oppure, dopo l’ennesima retata e gli ennesimi bombardamenti, cercare un ennesimo status quo un pochino più favorevole agli israeliani.

Siamo però davanti a un delitto che colpisce particolarmente, due ragazzini di 16 anni e uno di 19, proprio mentre, come dice lei, Hamas entra nel governo palestinese. Che vantaggio aveva Hamas in questo momento a compiere un gesto di questo tipo? O siamo davanti a cellule impazzite così imbevute di odio da non fermarsi davanti a nulla?

Attenzione, perché noi adesso ragioniamo in base a quello che ci dice il governo israeliano. Non c’è al momento alcun tipo di prova che i vertici di Hamas abbiano deciso una cosa del genere. Ci è stato detto che è colpevole una cellula particolare di Hamas, ma è giusto ragionare e precisare che noi giudichiamo partendo dalle osservazioni del governo israeliano.

 

Invece? 

La realtà palestinese è una realtà complessa. In quella stessa zona dove i tre ragazzi sono stati rapiti e uccisi erano accaduti molti altri episodi in questi ultimi anni anche estremamente violenti, ad esempio una sparatoria a un incrocio con sei morti. Nulla ci è stato detto in questi anni sulle responsabilità, se non parlare di genericamente di cellule senza specificare che fossero o no di Hamas.

 

Dunque il problema di tutta questa situazione qual è?

C’è una linea generale che Hamas aveva, quella di restituire alla autorità nazionale palestinese l’autorità su Gaza ed entrare nel governo di unità nazionale, attuando alcune scelte politiche di carattere federale. Poi c’è stato questo episodio che poteva essere trattato come efferata violenza mentre i governanti israeliani lo considerano una strategia di violenza studiata a tavolino da Hamas. Questa è la differenza che c’è tra gestire la cosa in un modo o in un altro.

 

Cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime ore? Il governo israeliano si pronuncerà solo dopo la scadenza del lutto ebraico.

Dobbiamo aspettarci una serie di opzioni come la deportazione di massa dei militanti simpatizzanti di Hamas ricordando che durante questo rapimento ne sono già stati arrestati quattrocento, oppure un attacco a Gaza. In questo caso ci sarebbe da tenere conto della reazione internazionale, ovviamente. Ma c’è anche un terzo elemento.

 

Quale?

Potrebbe essere la messa fuorilegge del movimento islamico che esiste in Israele. Questo sarebbe interessante, perché dimostrerebbe che qualcuno ha in mente di andare contro gli arabi israeliani, ad esempio certe formazioni che sostengono Netanyahu e anche il partito di Lieberman, che chiede da tempo proprio questo. Cioè far sì che il milione e mezzo di arabi che vivono in Israele vengano cacciati.

(Paolo Vites)