La voce arriva forte e decisa, nonostante qualche difficoltà ad esprimersi in italiano e nonostante la lontananza. Monsignor Shlemon Warduni è a Baghdad, dove con altri responsabili delle comunità cristiane irachene ha incontrato i rappresentanti del governo. “Non chiediamo solo aiuti umanitari, chiediamo di avere anche noi i diritti umani che oggi ci vengono negati. Oggi ai cristiani stanno togliendo tutto, ma siamo cittadini anche noi, non ci possono trattare così”. Cristiani che a migliaia sono stati obbligati a lasciare le loro case di Mosul, dove vivevano da duemila anni, spogliati di ogni avere, costretti a fuggire a piedi con bambini, vecchi e malati perché gli islamici hanno portato via loro ogni mezzo di trasporto oltre ai soldi e al cibo. “Avevano due scelte: convertirsi all’islam o pagare la tassa di sottomissione, la tassa imposta alle minoranze religiose dai musulmani. Hanno deciso di fuggire a piedi per rimanere liberi”. E’ una prova durissima quella a cui sono sottoposti i cristiani dell’Iraq, senza nessuno che li difenda: “Gesù ci ha insegnato che bisogna soffrire, ma noi siamo deboli, non siamo come Lui. E oggi gridiamo e imploriamo forte: Dio nostro non abbandonarci”.
Ci sa dire se i cristiani di Mosul hanno tutti lasciato la città? Si parla di 25mila persone.
Il numero è inferiore, comunque penso che pochissimi, o meglio, nessun cristiano sia rimasto a Mosul. Li hanno minacciati, ponendoli di fronte all’alternativa tra convertirsi all’islam o pagare la jizya (la tassa di sottomissione, ndr). Altrimenti se ne dovevano andare, e così hanno fatto. E all’uscita di Mosul gli islamici hanno messo dei punti di controllo. Quando i cristiani costretti a passare di lì si sono presentati hanno rubato loro tutto: cibo, vestiti, mezzi di trasporto, soldi.
Dove vanno una volta lasciata Mosul?
Vanno nei villaggi dove vivono altri cristiani, cercano posti dove poter vivere, cercano di trovare un posto tranquillo dove i loro bambini, i vecchi e i malati possano vivere senza paura.
Ci sono stati casi di violenza che lei sappia? I sacerdoti di Mosul sono tutti vivi?
Non ci sono state violenze, nessuno è stato ucciso da quello che sappiamo. Però hanno bruciato una casa vescovile di siro-cattolici, hanno saccheggiato le chiese, tolto le croci, hanno occupato la casa del vescovo caldeo e hanno messo la bandiera dell’Isis sul suo edificio.
Il governo centrale di Baghdad cosa sta facendo?
Non fa niente, è occupato nei suoi affari, a nominare il primo ministro o il capo dello stato. Proprio in queste ore abbiamo fatto un incontro dei capi religiosi cristiani a Baghdad con i rappresentanti del governo e abbiamo pensato di fare un comitato per smuovere chi ha responsabilità. Vogliamo che ci dicano chi siamo, quali sono i nostri diritti. Siamo cittadini come gli altri anche noi cristiani o no?
E avrete anche bisogno di aiuti umanitari. La comunità internazionale si sta disinteressando a quanto sta accadendo in Iraq.
Ma noi non chiediamo solo aiuti materiali come cibo e altro. Noi chiediamo i nostri diritti umani. Chiediamo se in questo mondo i diritti umani esistono ancora o no. Chi ha questi diritti umani? Perché a noi cristiani vengono negati? Che cosa è diventato il mondo? E’ solo homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo, ndr)? No è peggio: oggi è homo homini leo! I diritti sono solo per i potenti, sono solo per chi non ha Dio, per chi non è credente? Oppure lo sono anche per i cristiani? Ecco cosa chiediamo.
Che cosa sarà dei cristiani in una terra come questa?
Specialmente qui a Mosul, i cristiani si chiedono se ormai il male ha vinto sul bene, si chiedono se ha diritto a vivere solo chi ha le armi. Si chiedono se sono condannati solo a soffrire. Certo, Gesù ci ha dato l’esempio soffrendo per tutti noi, ma noi siamo uomini, la nostra forza non è così grande per sopportare tutto questo. Il Signore deve aiutarci. Oggi è come quando Gesù ha gridato “Dio, mio perché mi hai abbandonato”? Noi gridiamo tutti: Dio nostro non abbandonarci.
(Paolo Vites)