Non è il primo verdetto del genere ma sicuramente è il più alto in assoluto. La nota azienda produttrice di sigarette, la Camel, è stata condannata a versare un risarcimento pari a 23,6 miliardi di dollari, cioè 17,1 miliardi di euro a una donna il cui marito morì di cancro ai polmoni per via del fumo. L’uomo, che fumava anche più di tre pacchetti di sigarette al giorno, morì a 36 anni di età. Il presidente della RJ Reynolds Tobacco Company, proprietaria oltre che della Camel anche delle Winston e delle Pall Mall, ha annunciato ricorso in appello perché, ha detto, si è andati parecchio oltre il concetto di ragionevolezza e giustizia. Il colosso multinazionale nel 2013 contava un patrimonio di 15 miliardi di dollari, in pratica è stato condannato a sborsare quasi il doppio di quanto posseduto. La causa era stata aperta nel 2006 con una denuncia da parte della vedova, Cynthia Robinson: il marito era morto nel 1996. Secondo la vedova la multinazionale non informava i suoi clienti in modo corretto dei danni procurati dal fumo. Tra i motivi che hanno spinto i giurati a dar ragione la donna, il fatto che l’azienda usasse un marketing aggressivo diretto ai giovani mentre l’azienda si è difesa dicendo che a decidere di fumare era stato l’uomo di sua iniziativa. Inoltre sono stati usati documenti interni della società in cui si è venuto a sapere che già 60 anni fa era noto come il fumo di sigaretta procurasse il cancro, nonostante ufficialmente si dicesse il contrario.