Gentile direttore,
con grande sconcerto, amarezza e dolore sto seguendo le informazioni che vengono date sulla situazione ucraina.

Non voglio entrare nei particolari della disinformazione offerta dai mass media russi, dove sono state toccate punte di falsificazione difficilmente immaginabili: foto del Kosovo o di altri teatri di guerra, o addirittura immagini tratte da film che vengono presentate come documentazione della situazione attuale; filmati che si sono poi rivelati come pure «opere cinematografiche» o interviste a testimoni oculari che poi sono stati smascherati come semplici attori. Non voglio neppure soffermarmi su interventi pubblicati da altri mezzi di informazione occidentali come l’intervento di N. Lilin pubblicato su Espresso-Repubblica in data 18 luglio, dove gli ucraini sono definiti esclusivamente e senza distinzione alcuna «nazisti», dove si fantastica di civili sottoposti a «torture e massacri», dove «i ribelli filorussi tentano solo di difendere la popolazione civile del Donbas dall’aggressione del governo anticostituzionale di Kiev»: come si vede, la violenza verbale e il rovesciamento della realtà sono gli stessi della vecchia propaganda sovietica e c’è da sperare che il tempo compia la sua giustizia.



Vorrei soffermarmi invece sul Suo giornale, che apprezzo come uno strumento libero da ogni ideologia e caratterizzato dal desiderio di appassionare i suoi lettori alla realtà e alla verità. È proprio questa passione che vedo però oscurata in alcuni interventi recenti nei quali, al posto del racconto dei fatti e della riflessione suscitata dai fatti reali, trovo una serie di considerazioni e di argomentazioni la cui logica non è mai il riferimento alla realtà, ma sempre e soltanto la coerenza politica del ragionamento: «non ho prove per sostenere quello che dico» leggo qua e là, «ma c’è una verità politica (testualmente: “un ragionamento politico”) che mi consente di superare ogni incertezza». 



Trovo molto pericoloso argomentare sulla base della coerenza politica di un’interpretazione della realtà: c’è sempre il rischio di trasformare questa interpretazione, legittima sino a un certo punto, in una pura ricostruzione ideologica. Sia chiaro, non discuto minimamente la legittimità di diverse interpretazioni della realtà, non discuto minimamente la legittimità di informare sull’esistenza di diversi punti di vista, quello che mi fa problema è che la legittima interpretazione sia sostituita da una pura ricostruzione soggettiva dove il riferimento alle prove necessarie per sostenere questa interpretazione viene sostituito dalla verosimiglianza politica, dalla intuizione o, come ho letto testualmente in un altro degli interventi cui mi riferisco, dalla «contro intuizione». 



Poco importa che, dopo aver enumerato tutti i luoghi comuni anti ucraini, l’autore butti lì, in nome di una «contro intuizione» del tutto arbitraria, che l’aereo potrebbe anche essere stato abbattuto con la complicità dei russi, stanchi dell’estremismo dei separatisti che in questo modo sarebbero stati discreditati: non mi rallegra questa presunta coincidenza di opinioni, perché quello che mi fa problema non è che qualcuno abbia un’idea diversa dalla mia, ma che il nostro discutere abbia come giudice e punto di riferimento non la realtà ma la nostra pretesa di dominarla e di possederla. 

Allo stesso modo, quello che mi fa problema non è che la realtà possa essere diversa o più ricca di come la vedo io, anzi quello che mi esalta è proprio che la realtà continuamente mi sorprenda con la sua ricchezza; quello che mi fa problema è che questa ricchezza non sia qualcosa che devo riconoscere, ma sia il frutto di teoremi e di dietrologie accessibili solo a pochi eletti, il frutto non di un riconoscimento oggettivo ma di una «intuizione» che mi ricorda troppo da vicino la «sensibilità rivoluzionaria» con la quale nei grandi processi staliniani si pensava di poter fare a meno delle prove.

Ripeto: non sono turbato da una lettura della realtà diversa dalla mia, ma resto gravemente perplesso di fronte a un’argomentazione sviluppata esclusivamente sulla base di ragionamenti politici inverificabili: non si fa un buon servizio alla verità se si offre come criterio di giudizio un «ragionamento politico» o una «contro intuizione» che permette di arrivare a conclusioni diametralmente opposte, ora ad accusare di questa tragedia il governo ucraino e l’occidente, ora a gettarne la responsabilità sui separatisti filorussi e sullo stesso governo russo; e il tutto sempre e solo sulla base di un ragionamento astratto la cui unica credibilità è determinata dalla sua coerenza, dalla logica dell’idea, cioè dall’ideologia.

Forse sarebbe opportuno chiedersi più seriamente se nella nostra ricerca della verità ci interessa maggiormente l’individuazione di un nemico e una facile risposta che ci tranquillizza e ci libera dalla fatica di dover scoprire la verità, o non piuttosto una laboriosa operazione di verifica della corrispondenza delle nostre interpretazioni rispetto alla realtà. Dico questo perché un’altra cosa che mi ha lasciato gravemente perplesso è stata la pubblicazione, con nota redazionale (in data 7 luglio), della notizia relativa a un presunto progetto di campi di concentramento in Ucraina: in questo caso non si è trattato di intervistati, che in fondo rispondono sempre in prima persona delle loro idee, ma della redazione che, senza una opportuna presa di distanza, ha riassunto una notizia e ha rimandato poi i suoi lettori al sito che l’aveva diffusa e che si contraddistingue proprio per l’esercizio costante dei «ragionamenti politici» sopra descritti.

Non mi auguro una censura delle fonti che troverei inaccettabile, ma una più attenta verifica tra fonti che forniscono notizie e prove e fonti che forniscono teoremi e teorizzano che le prove in fondo non servono e possono essere sostituite da ragionamenti e contro intuizioni; accettare di prendere per attendibile questo ultimo tipo di fonti significa accettare la logica dell’ideologia, accettare che la mia ricostruzione della realtà sia più interessante della realtà: sarebbe la fine di ogni dibattito.

So che non è questo il desiderio de ilsussidiario.net e sono convinto che si sia trattato di una svista, comprensibile in momenti tanto tesi.
Cordialmente

Petr Nagibin

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