Dopo sei mesi di intenso conflitto, a causa delle drammatiche condizioni di molti campi sfollati e di una stagione delle piogge con precipitazioni sempre più intense, si teme il peggio in Sud Sudan, dove a Juba crescono i casi di colera. Anna Sambo, cooperante Avsi nel paese, racconta i pensieri dopo un’intensa giornata di lavoro nel paese più giovane del mondo.
Cosa mi manca, mi chiedo oggi?
Me lo chiedo quando esco nel cortile dell’ufficio di Avsi e vado sul retro. E sento il profumo di quel detersivo che vendono nei negozietti per strada, li trovi dappertutto in Africa. Il detersivo in piccoli sacchetti. Quasi monouso, ma qui lo usi anche di più. Sento quel profumo e mi accorgo di cosa mi manca. Mi manca quello, quel profumo. Come quello della legna bruciata, del carbone nelle stufette con cui si fa da mangiare dappertutto, in Africa.
E’ vero. L’Africa è soprattutto odori e luci. Così, nel cortile sento la mancanza, e la assaporo, e mi accorgo che è tutto quello che mi manca, quegli odori, comprare il detersivo nei baracchini per strada. Quella luce del cielo azzurro e del vento, che stasera c’è, dopo una giornata difficile, come ce ne sono tante ultimamente. Un magone che si fa spazio. Lo sento che è lì, che vuole uscire. Tanti i motivi, ma sta li.
Poi torno a casa e vedo sul tavolino accanto alla porta una busta, con il suo nome: “Grace”.
Ci guardo dentro. Sono i documenti che deve compilare per chiedere il permesso di lavoro qui. E’ ugandese. E’ arrivata in Sud Sudan con noi, a gennaio, quando siamo rientrati nel paese. A Gulu è salita in macchina con noi, la baby sitter del figlio di Vicky, la nostra contabile. In macchina strettissimi. Ma anche lei è salita.
E’ andata in Uganda in due giorni, per mettersi in regola, è tornata di corsa, per lavorare. Arriva sempre puntuale, sorride sempre. Quei documenti da compilare mi fanno piangere. Forse, penso, è analfabeta e non sa cosa deve scrivere. Me la immagino in un ufficio immigrazione dove cerca di capire cosa deve fare, dove le chiedono qualche soldo in più come tangente. E lei che subito torna, per non mancare troppo da qui. E qualcuno la deve aiutare a compilarli. Sono contenta di essere qui, ecco.
Oggi mi ha regalato un portamonete. Grace mi ha regalato un piccolo portamonete a pois e con dei bordi dorati. Brutto. Ma bellissimo.
Penso, ecco, quello che supera il magone è il pensiero di poter esserci, qui. Anche con Grace.
E’ un magone potente, difficile da spiegare. Ma se lo provi lo capisci. E rimani.