1 ora e 57 minuti di sofferenza prima di morire. È successo a Joseph Rudolph Wood (55 anni), condannato alla pena capitale nel 1989 per aver ucciso la fidanzata e il padre della donna, detenuto nel carcere di Florence nello stato dell’Arizona. Sottoposto all’iniezione letale – con una combinazione sperimentale  di farmaci – alle 13.52 locali è morto alle 15.49 dopo 117 minuti di agonia che hanno riparto negli Stati Uniti il dibattito e le proteste sull’uso dell’iniezione letale come metodo di esecuzione, oltre che e sulla pena di morte stessa. Il cocktail di farmaci usato per giustiziare il condannato è composto dal midazolam, un anestetico, e l’idromorfone, un potente analgesico che, somministrato con una dose eccessiva, arresta prima la respirazione e poi il cuore. Si tratta di un composto già utilizzato, seppur una sola volta: a gennaio nell’Ohio quando il prigioniero si è agitato per 13 minuti prima di morire. Mentre ad aprile, in Oklahoma, un altro orrore: un condannato ha agonizzato per 43 minuti prima di cedere. Una corte d’appello aveva sospeso l’esecuzione di Wood accogliendo alla richiesta dei legali dell’uomo di conoscere ciò che gli sarebbe stato iniettato, ma in seguito la Corte Supremo ha dato il via libera. La governatrice dell’Arizona, la repubblicana Jan Brewer, ha espresso rincrescimento per l’accaduto e ha aperto un’inchiesta intera, tuttavia difende l’operato dei funzionari responsabili dell’esecuzione. Duri i famigliari delle persone uccisa da Wood; Jeanne Brown, sorella e figlia delle vittime, ha detto: “Non  credo che abbia sofferto. Ha avuto quello che si meritava. Non sapete cosa significa vedere una sorella e un padre giacere in una pozza di sangue”. 



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