Le dimissioni del premier ucraino Arsenij Jacenjuk, il 24 luglio scorso, non sono state un atto di irresponsabilità politica, in un paese impegnato in una guerra entro i suoi confini, ma piuttosto un gesto estremo per richiamare con forza i parlamentari alle proprie responsabilità.
Da settimane, infatti, il parlamento sta bloccando dei progetti legge proposti dal governo, che prevedono l’aumento del prelievo fiscale per sostenere le spese militari, ed altri adeguamenti richiesti dall’Unione Europea, perché nessun partito, in una situazione di forte crisi economica e di inflazione, ha voglia di lasciarsi coinvolgere in azioni così impopolari; tutti guardano alle prossime elezioni parlamentari e vogliono restare “puliti” davanti all’opinione pubblica.
Esattamente per questo motivo due dei tre partiti facenti parte della coalizione di governo, e cioè “Udar” e “Svoboda”, hanno lasciato la maggioranza, dichiarandosi disponibili a un sostegno esterno e occasionale al governo, per potersi impegnare liberamente nella campagna elettorale; a questo punto, non disponendo più di una maggioranza, Jacenjuk ha dato le dimissioni. Del resto, anche quando la coalizione era a ranghi compatti non disponeva di voti sufficienti per far passare le proprie leggi, per questo aveva dovuto appoggiarsi anche a membri del vecchio “Partito delle regioni” di Janukovic, il che l’ha esposta a varie forme di boicottaggio.
Questa situazione dice che oggi in Ucraina esiste un serio problema politico legato alla reale discrepanza tra governo e presidente da una parte, e parlamento dall’altra, poiché se i primi due sono espressione del Majdan e del processo di democratizzazione, la Rada, a parte le defezioni di alcuni fuggiaschi, è rimasta grosso modo con la composizione del passato regime, e cerca attivamente di mettere i bastoni fra le ruote del governo. Certamente le elezioni parlamentari che si prevedono a ottobre saranno un ulteriore passo di rinnovamento. E tuttavia, quale credito politico possono accumulare dei partiti che nel momento del bisogno si lavano le mani da ogni responsabilità?
Quello della responsabilità è esattamente il richiamo rivolto dal premier e dal presidente a tutta la classe politica. Il primo che ha recepito la gravità della situazione e ha fatto dei passi per salvare il governo è stato proprio il presidente Porosenko che, solidale col primo ministro, ha indirizzato una lettera al presidente della Rada; ora si auspica che si faccia attivo promotore di un “patto di responsabilità” tra i partiti. Infatti è urgente e di vitale importanza che il governo possa funzionare, decidere e prendere misure, sia pur dolorose; la legge ucraina prevede che, se entro un mese in parlamento non sarà stata creata una nuova coalizione, il presidente potrà sciogliere anticipatamente il parlamento, tuttavia qualcosa succederà anche prima: per la settimana entrante, il 31 luglio, è stata indetta una seduta straordinaria della Rada, chiamata a ratificare o a respingere le dimissioni di Jacenjuk.
Nel tempo che ci separa si vedrà se le forze politiche hanno la volontà di raggiungere un compromesso per poter proseguire la vita del governo.
Del resto, come ha affermato il giornalista Vitalij Portnikov, l’unico compromesso possibile può essere solo la condivisione delle responsabilità di governo, per la giovane democrazia ucraina non può esservi altra via d’uscita.
Nina Semiz