“Tutti i Paesi occidentali hanno abbandonato e dimenticato i cristiani della Nigeria, uccisi e minacciati dal gruppo terrorista di Boko Haram. L’unico a ricordarsi di noi è rimasto Papa Francesco”. E’ la denuncia di Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos nello Stato di Plateau, uno dei più colpiti dagli attacchi dei terroristi nati dalla costola di Al Qaeda. Sabato monsignor Kaigama interverrà al Meeting di Rimini nel corso dell’incontro “Testimoni di libertà” dedicato proprio ai cristiani perseguitati in tutto il mondo.



Qual è la situazione in cui vivono i cristiani sotto Boko Haram?

E’ una situazione dolorosa perché Boko Haram sta avanzando verso Sud, mentre negli Stati nord-orientali viviamo sotto i continui attacchi dei terroristi. Questa organizzazione terroristica è una minaccia molto grave per la sicurezza della Nigeria, anche perché i suoi guerriglieri dispongono delle armi provenienti dalla Libia. Il governo nigeriano ha bisogno della collaborazione internazionale per rispondere a Boko Haram.



In questa situazione, lei come vede il futuro del suo popolo?

Credo che le autorità nigeriane saranno in grado di gestire i pur gravissimi problemi che ci troviamo ad affrontare. Il rischio della Nigeria è che la religione diventi un problema politico, con Boko Haram in grado di trasformarsi nel protagonista di questa situazione, e con il Paese che diventerà così diviso che la situazione sfuggirà di mano.

Che cosa si può fare per evitare che ciò accada?

Dobbiamo superare i nostri ristretti interessi politici, e affrontare i problemi con obiettività. I leader dei diversi gruppi politici e religiosi, siano essi islamici, cristiani o delle religioni tradizionali africane, devono mettersi insieme e proporre soluzioni per mettere fine all’esistenza stessa di Boko Haram. Mi ha molto sorpreso che la Conferenza Nazionale della Nigeria, che si è conclusa di recente, non abbia quasi parlato dei problemi di sicurezza del Paese.



Ritiene che l’Occidente possa fare qualcosa per aiutare i cristiani nigeriani?

E’ ciò che speriamo. Purtroppo molte volte i cristiani perseguitati non sono la priorità per i Paesi occidentali, mentre quando a essere in gioco sono il petrolio o altri interessi economici la loro risposta è molto più rapida. Le principali nazioni a maggioranza cristiana si identificano raramente con i cristiani nigeriani, in quanto vedono tutto ciò che ha a che fare con la religione come un fatto privato, e quindi non vogliono farsi coinvolgere in questioni che riguardano la religione.

Insomma i cristiani nigeriani sono vittime non solo del terrorismo ma anche dell’indifferenza?

Proprio così. Gli stessi vescovi cattolici dovrebbero ricordare ai leader cristiani nel mondo il loro dovere di fratellanza verso i cristiani perseguitati. Anche perché al contrario degli Stati occidentali, i Paesi islamici non mancano mai di sostenere i musulmani che si trovano in difficoltà. Le nazioni a maggioranza cristiana devono quindi impegnarsi per identificare soluzioni in grado di mettere fine al terrorismo.

Che cosa ne pensa degli interventi del Papa sulla Nigeria e sui cristiani perseguitati in generale?

Gli interventi del Papa sui cristiani perseguitati sono stati molto visibili e schietti. Parlando in occasione dell’Angelus ha affrontato le questioni della discriminazione religiosa e delle persecuzioni, e non si è dimenticato di menzionare le singole nazioni in cui ciò avviene. Bergoglio ha citato più volte la Nigeria, e ha fatto leva su tutta la sua autorità morale per chiedere un mondo di pace e la libertà religiosa. Il Santo Padre ha sottolineato più volte che nessuno dovrebbe essere discriminato per la sua religione, razza o nazionalità. Una posizione molto forte che nasce dal fatto che il Papa è molto impegnato per questa causa, e nello steso tempo non è di parte, non sta cioè combattendo soltanto per i cristiani, bensì per la libertà religiosa di tutti.

(Pietro Vernizzi)

Leggi anche

CRISTIANI PERSEGUITATI/ Noi, ovunque "stranieri", a Mosul come a MilanoCRISTIANI PERSEGUITATI/ Bhatti: dal Pakistan all'Iraq, l'ideologia nemica della fede è una solaUCRAINA/ Dalla periferia al centro: la rivoluzione della tenerezza