Mi stupisco dello stupore, in un certo senso. Quando il jihadismo emerge nella sua attività, peraltro continuativa, di decomposizione della società e della piattaforma valoriale e umana, pare sia sempre la prima volta.

Ma non è così. Perché l’Europa, per quanto ne possano dire i nostri vicini francesi, è costellata di episodi e iniziative da parte della rete proselitista del jihadismo europeo e internazionale; manifestazioni in favore del burqa e del niqab in Belgio, sit in per l’adesione allo Stato Islamico di Al Baghdadi in Olanda, programmi televisivi dedicati al proselitismo in Italia e chi più ne ha più ne metta.



La distribuzione in oltre mille grandi magazzini di Francia di volumi che incitano alla jihad e alla morte degli “infedeli” altro non è se non la diretta prosecuzione di un lavoro che prosegue sotto traccia nelle moschee fai da te, nei centri culturali e sul web nei forum. Nulla di nuovo, è solo un passo in avanti, di cui chi conosce bene il sostrato sociale francese e la infiltrazione in esso di fluidi jihadisti non dovrebbe per nulla stupirsi. Stupirsi, infatti, significa in un certo modo non sapere e non credo, francamente, che le autorità francesi e la società civile transalpina non sappiano cosa accade sotto il loro cielo. Non voglio credere che in Francia non si sappia come tramite la cultura e i libri il proselitismo viaggi su binari che potremmo definire più “sicuri”; è il colpire la curiosità, gli occhi e la mente degli europei.



Con uno scritto, un volumetto all’apparenza innocuo che però nasconde un messaggio micidiale arrivano alla psiche di un occidentale in maniera dolce, non brutale, permettendo così alle parole di prendere la via dell’intelletto, laddove non possono più uscire e diventano veleno. Un’attività alla quale nessuno si oppone. I distributori, si legge sui media francesi, fanno orecchie da mercante perché evidentemente il prodotto vende, sulla scorta di un concetto di cultura ormai dilaniato dai social network e dalla dimensione virtuale della vita e dei valori. Perché un libro venduto è un libro venduto, agli occhi di un commerciante, qualsiasi sia il suo contenuto. Anche se domani chi lo legge potrebbe trarne spunto per farsi saltare in aria a qualche metro dal suo magazzino. Molte cose concorrono alla creazione di un silenzio complice attorno alla faccenda del proselitismo e in questo caso fatto con l’ausilio di uno strumento che non usiamo più: la cultura.



Con gli intellettuali che dovrebbero diffonderla, ma invece hanno smesso di pensare. Ricordo sempre la frase di un grosso esponente dell’estremismo internazionale: “Vi conquisteremo con la vostra democrazia”. Altro concetto straordinario che non usiamo più. Il jihadismo riutilizza a suo vantaggio tutto il corredo storico e culturale che lasciamo dietro di noi e lo rende strumento di conquista e di proselitismo. Silenzioso e dunque più efficace che mai, in quanto apparentemente coerente con i principi sociali della nostra vecchia e zoppicante Europa. Il problema, al fondo di tutto, sono le previsioni legislative.

Ci sono, in tutto il mondo, e andrebbero applicate. Ma con l’orrendo quanto pericoloso concetto del permissivismo, del multiculturalismo a tutti i costi e con la spada di Damocle della discriminazione pendente su chiunque voglia far rispettare le leggi, diventa assai complesso fermare fenomeni come questo. Sarebbe molto semplice dire che se sugli scaffali di tutta Europa ci fossero libri di Voltaire, Alfieri o Averroè non ci sarebbe spazio per pubblicazioni di stampo jihadista e terrorista, ma la tendenza che ci è stata imposta nostro malgrado ordina che la ferita umana, culturale, storica e politica debba rimanere sempre aperta. Lasciando spazio all’acido che scorre e dilania la carne e lo spirito. Finché le prossime generazioni nemmeno si accorgeranno più del vuoto in cui quell’acido scorre, perché sarà l’unico liquido nelle loro vene.