Per mesi il referendum per l’indipendenza della Scozia è stato snobbato, al di sotto del Vallo di Adriano. L’Economist riteneva che si trattasse di una carnevalata: qualche nostalgico in kilt che sognava l’impossibile restaurazione della libertà perduta nel 1707. Ma quando negli ultimi giorni i sondaggi hanno rivelato che l’indipendenza potrebbe diventare realtà il 18 settembre, Londra ha avuto uno shock. Si può dire che il panico si stia diffondendo negli ambienti governativi. Addirittura c’è chi auspica un intervento diretto della sovrana, un appello all’unità, uno storico discorso della regina che chieda ai suoi sudditi scozzesi di non lasciare il Regno Unito. Fortunatamente Elisabetta (la cui madre era scozzese) tace, almeno per ora. Ma ad una settimana dal voto il clima a Londra è di fibrillazione. Si è subito mosso Gordon Brown, vecchio protagonista dell’apparato di partito laburista, scozzese di sentimenti unionisti. Si è lanciato in una serie di promesse: non andatevene – ha detto agli scozzesi – e vi garantiremo la più spinta delle devolution, libertà di ogni tipo, purché non vi stacchiate dall’unione.
Per mesi l’unico argomento che gli unionisti hanno usato è stato quello economico, che sembrava più che sufficiente per sconfiggere le istanze indipendentiste: senza di noi, senza la Banca d’Inghilterra, senza le sterline, senza il sistema economico-finanziario britannico, non andrete da nessuna parte, sarete più poveri. Un teorema che è stato accuratamente smantellato dagli esperti dello Scottish National Party: dall’indipendenza la Scozia avrà tutto da guadagnare.
Ieri il premier Cameron è ricorso ad una inaspettata mossa di tipo puramente emotivo. Una vera sorpresa: questo referendum era stato visto da qualcuno come una sfida tra la fredda e razionale Inghilterra e la passionale, romantica Scozia. Cameron è volato ad Edimburgo, indossando una cravatta viola, il colore del Cardo, il simbolo della Scozia, e ha tenuto un discorso appassionato chiedendo agli scozzesi di votare no.
“Una Scozia indipendente mi spezzerebbe il cuore”, ha detto. E’ giunto al punto di ironizzare sul suo stesso partito: non votare “Yes” solo per fare un dispetto, per dare un calcio nel sedere ai dannati conservatori, ha detto. La Scozia è infatti da sempre una realtà ben poco conservatrice, che ha sempre dato massicciamente il suo voto al Labour, dandogli anche militanti, dirigenti, quadri, dando in abbondanza, e ricevendo sembre in cambio pochissimo da Londra. Anche questo è uno dei motivi dell’ascesa irresistibile dello SNP: gli scozzesi sono stufi, e in pochi anni di governo regionale degli indipendentisti hanno già trovato sufficienti ragioni per chiedere un radicale cambiamento.
Cameron è arrivato quasi alle lacrime, nella sua arringa difensiva dell’unione. Vedremo quali effetti sortirà. Certamente questa variazione di tattica finale fa pensare. Una mossa alla quale lo SNP potrebbe rispondere con altrettanta passionalità, ricordando i secoli di oppressione, le spoliazioni avvenute a danno della Scozia.
Le limitazioni alle libertà concreta, la guerra spietata alla cultura gaelica, il sottosviluppo a lungo voluto da Londra, in modo da costringere gli scozzesi all’emigrazione, o all’arruolamento nelle forze armate britanniche, con un prezzo di sangue pagato nelle guerre dell’Impero assolutamente spaventoso.
Bisognerebbe ricordare a Cameron, il cui cognome è quello di un grande clan delle Highlands che insorse nel 1715 e nel 1745 per la libertà e che venne schiacciato e disperso, cosa furono le Clearances, la pulizia etnica delle Highlands scozzesi avvenuta alla fine del XVIII secolo, e altro ancora. Quante decine di migliaia di scozzesi ebbero allora “un cuore spezzato”. Caro Cameron, forse è meglio lasciar perdere la carta dell’emotività: la Scozia ha un numero infinito di canzoni, di ballate, di poesie, con cui ricordare la lunga dolorosa lotta per la libertà. A partire dal meraviglioso inno ufficioso del Paese: Flower of Scotland. Un fiore che non è mai appassito, e che gli scozzesi vorrebbero vedere rifiorire il 18 settembre: il fiore della libertà.