“La Scozia deve essere un Paese indipendente?”. Questa la domanda che oggi quasi cinque milioni di scozzesi hanno letto sulla scheda elettorale. I seggi chiuderanno alle 22 ora locale (le 23 italiane), mentre i risultati si sapranno solamente domani mattina: nel caso in cui dovesse vincere il “sì”, la Scozia sarebbe ufficialmente indipendente dal Regno Unito a partire dalla mezzanotte del 23 marzo 2015. Altissima l’affluenza registrata oggi: il 97% degli scozzesi aventi diritto di voto si è registrato alle liste elettorali e durante tutta la giornata si sono formate lunghe file ai seggi. Ancora in dubbio il risultato finale, anche se gli ultimi exit polls (diffusi da Forbes America) danno il “sì” in vantaggio al 52%. Nonostante ciò, un recente sondaggio realizzato da Ipsos Mori per l’Evening Standard assegna ai “no” il 53%, contro il 47% dei “sì”.



E’ una gara sul filo di lana come si dice in termini sportivi, quella tra indipendentisti e unionisti. Il risultato finale infatti del referendum per l’indipendenza della Scozia si gioca sulle poche centinaia di migliaia di elettori ancora indecisi in queste ore di voto. L’ultimo pool però registrato prima dell’inizio delle operazioni di voto, dava i no alla secessione in buon vantaggio sui sì degli indipendentisti. Pubblicato dal London Evening Standard, il sondaggio Ipsos Mori dava ai no il 53% dei voti mentre i sì ottenevano il 47%. Come si vede, sei punti percentuali che sono molti, ma anche una spaccatura quasi a metà dell’opinione degli scozzesi in materia. Gli indesi sono invece il 4% che stando il sondaggio non cambierebbero le sorti del risultato.



Divertente gaffe da parte della Lega Nord. Sostenitori dell’indipendenza della Scozia, i leghisti hanno inviato un gruppetto di loro a Edimburgo a seguire da vicino i risultati del referendum che si tiene oggi per l’indipendenza del paese con la partecipazione anche del segretario stesso, Matteo Salvini. Il problema è nato quando il consigliere regionale lombardo Angelo Ciocca ha preparato la nota di annuncio ufficiale del viaggio. Viaggio che, si è letto, aveva come meta Amburgo, che come si sa è in Germania e non centra nulla con la Scozia. L’errore è stato prontamente corretto in una seconda versione, solo che questa volta la città diventava Strasburgo, che è in Francia. Alla fine la terza versione parlava finalmente di Edimburgo, capitale della Scozia. 



Nel giorno dedicato alle storiche operazioni di voto, anche Andy Murray si è schierato a favore dell’indipendenza della Scozia dal Regno Unito. Il campione scozzese, primo tennista nel suo Paese a conquistare un titolo del Grande Slam dal 1977 (ha vinto il torneo di Wimbledon nel 2013 battendo Djokovic), è tornato a farsi sentire su Twitter a poche ore dall’apertura dei seggi: “E’ un grande giorno per la Scozia! Nessuna campagna negativa negli ultimi giorni ha influenzato il mio punto di vista. Sono curioso di sapere il risultato. Facciamolo!”. Abitando a Londra, Murray non potrà partecipare al referendum, ma ha comunque voluto rendere nota la sua posizione decisamente a favore del “sì”.

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Urne aperte in Scozia per lo storico referendum sull’indipendenza dal Regno Unito. I seggi hanno aperto alle 7 (ora locale, le 8 in Italia) di stamattina e chiuderanno alle 22 di stasera: sono circa cinque milioni gli scozzesi aventi diritto al voto ed è prevista un’affluenza altissima, vicina al 97%. I sondaggi danno in vantaggio il “no” all’indipendenza, ma tutto può ovviamene ancora accadere. I risultati definitivi sono previsti nella mattinata di domani, un momento storico per la Scozia e tutto il Regno Unito: “La Gran Bretagna è diventata tale grazie alla grandezza della Scozia”, ha detto nei giorni scorsi il premier britannico David Cameron, il quale ha precisato che anche in caso di secessione non si dimetterà (è stato lui infatti ad autorizzare il referendum scozzese). “Grazie ai pensatori, scrittori, artisti, leader, soldati, inventori, che hanno reso grande questo Paese.. e grazie ai milioni di persone che hanno svolto il loro ruolo in questa storia di straordinario successo”.

Domani ci sarà il referendum che decreterà le sorti della Scozia, si deciderà se il Paese rimarrà nel Regno Unito o sarà d’ora in avanti indipendente. In Scozia si voterà dalle 7.00 di mattina alle 22.00 di sera, e avranno la possibilità di esprimere il loro “si” oppure il loro “no” tutti i residenti in territorio scozzese, anche coloro – per la prima volta nella storia – che hanno compiuto 16 anni prima del 18 settembre 2014, giorno previsto, appunto, per il referendum. La domanda a cui dovranno dare risposta è la seguente: “Dovrebbe la Scozia essere un paese indipendente?”. Le circoscrizioni scozzesi sono 32 e le previsioni annunciano che, probabilmente, i risultati saranno disponibili già nella mattinata di venerdì 19 settembre 2014. Gli scozzesi chiamati a votare saranno circa cinque milioni, e solo loro, nessun altro cittadino del Regno Unito, potranno esprimere la preferenza sul destino scozzese. Come già più volte ricordato, se i “si” saranno vittoriosi l’indipendenza verrà resa ufficiale dal 24 marzo 2016, 309 anni dopo l’Act of Union, che ha unito i territori scozzesi alla Gran Bretagna. 

A pochissime ore dal voto che vedrà impegnati gli scozzesi nel decidere se la il loro Paese diventerà indipendente o rimarrà nel Regno Unito, arriva direttamente da Westminster “The Vow”, ovvero una proposta al parlamento scozzese e sottoscritta da tutti e tre i maggiori esponenti dei partiti inglesi, il premier Cameron, Nick Clegg e Ed Miliband. Questo ultimo tentativo di indirizzare i cittadini verso il “no” si compone di tre punti chiave che possono essere così riassunti: innanzitutto, un ampliamento dei poteri del parlamento scozzese; poi si promette di riconoscere alla Scozia la libertà di definire i finanziamenti all’Nhs, ovvero il loro servizio sanitario, e infine l’impegno nel condividere equamente le risorse disponibili sul territorio. Non sono state positive le reazioni dei secessionisti, che hanno domandato dubbiosi una giustificazione sul tempismo di questa proposta, affermando che se fosse stata più seria sarebbe certamente emersa prima. Lo stesso Alex Salmond, leader del partito indipendentista della Scozia, la ha definita “una disperata offerta last minute e sul nulla”.

“Let’s stick together” sono le parole che hanno accompagnato il primo ministro David Cameron nella sua ultima visita in Scozia, prima del referendum di domani 18 settembre 2014, ad Aberdeen. “La Gran Bretagna è diventata tale grazie alla grandezza della Scozia. Grazie ai pensatori, scrittori, artisti, leader, soldati, inventori, che hanno reso grande questo Paese” sono state le prime affermazioni del premier, che ha poi continuato incoraggiando i cittadini a mantenere unita la Scozia a tutta la Gran Bretagna, esortandoli a pensare “al futuro del Paese, al futuro dei loro figli e dei loro nipoti”. Andando avanti Cameron ha paragonato la possibile secessione scozzese ad un doloroso divorzio, per il quale la Scozia perderà la sterlina, così come il sostegno delle ambasciate britanniche, la fusione dell’esercito e ha ricordato anche la difficoltà in cui cadrebbero le banche, vedendo circa le metà dei mutui della Scozia gestiti all’estero. “Per favore non fare a pezzi questa famiglia di nazioni, non ci sarà modo di tornare indietro” ha continuato David Cameron, che ha poi concluso ricordando gli ideali che hanno sempre animato la Gran Bretagna, e cioè giustizia, libertà e lealtà, e che sono stati in grado di portarla, sempre, così in alto in mezzo a tutte le democrazie esistenti nel mondo. 

Siamo ormai ad un passo dal Referendum che deciderà se la Scozia farà ancora parte del Regno Unito oppure no: è prevista infatti per domani, giovedì 18 settembre, la votazione. Gli ultimi sondaggi che mettono in campo le previsioni di coloro che si schiereranno a favore e coloro che si schiereranno contro, evidenziano un leggero prevalere dei “no”. Sono due in particolare: il primo, eseguito da Opinium, e i cui risultati sono apparsi sul Daily Telegraph, vede una percentuale del 49 sfavorevole e una del 45 favorevole all’uscita della Scozia dal Regno Unito: la percentuale di incerti, che ancora non sa dove andrà a cadere la propria scelta, è del 6%. Il secondo sondaggio, invece, è stato condotto dall’Istituto Icm e vede i no prevalere con una percentuale del 45%, i si sono invece con il 41%. Tutti gli altri, e per la precisione il 14%, si dichiarano ancora indecisi nella scelta tra unione e secessione. Se si escludono le percentuali di coloro che non hanno dato ancora una risposta certa e si studiano i risultato di entrambi i sondaggi, si vede che la percentuale che propende per il no è del 52%, mentre i si sono al 48%