Alex Salmond lascia il suo ruolo di leader del Partito Nazionale scozzese ma soprattutto di primo ministro dopo la sconfitta al referendum di ieri che ha sancito la permanenza del paese nel Regno Unito. Annunciando la decisione in una conferenza stampa poco fa, ha dichiarato che il suo ruolo come leader è quasi finito ma la campagna per la Scozia indipendente continua e il sogno non finirà mai. Alex Salmond che è stato leader del Partito nazionalista scozzese per gli ultimi venti anni ha rassicurato che ci sono candidati di grande valore pronti a prendere il suo posto.
La Scozia ha detto no all’indipendenza dal Regno Unito. Nel referendum che ha tenuto l’Europa con il fiato sospeso e diviso la nazione, gli unionisti sono al 55%. “Accetto il verdetto del popolo e invito tutti gli scozzesi a fare altrettanto”, ha detto il leader indipendentista, Alex Salmond, a spoglio non ancora concluso. Sollevato invece il premier britannico David Cameron: “Insieme siamo migliori, ora nuovi poteri per tutto il Regno”. Lo spoglio è iniziato alle 22 ora locale (le 23 in Italia) e il dato più eclatante è giunto da Edimburgo, la città che sarebbe diventata capitale del nuovo Stato in caso di vittoria dei “sì”: qui gli unionisti hanno raggiunto il 61%, un dato che ha confermato indiscutibilmente le intenzioni degli scozzesi. Il “sì” all’indipendenza ha però avuto la meglio a Glasgow, città più grande della Scozia, con il 53,5% a fronte del 46,5% dei “no”. Altra affermazione del “sì”, ma largamente prevista, arriva a Dundee, vera e propria roccaforte indipendentista (tanto che è conosciuta come “Yes City”). Dopo l’esito del voto, i media britannici hanno fatto sapere che nella giornata di oggi è attesa una dichiarazione scritta della regina Elisabetta sul risultato del referendum. Come scrive Paolo Gulisano sulle colonne de IlSussidiario.net, “tutto sommato questa piccola Scozia un segnale l’ha dato: ha mostrato che nell’era della globalizzazione e dei poteri forti è possibile che un popolo cerchi di autodeterminare il proprio destino, che cerchi con un voto popolare di decidere le proprie sorti. Un popolo, e non un consiglio d’amministrazione o una ristretta conventicola di esponenti di gruppi di pressione”.