Care Greta e Vanessa, ben tornate. Quasi sei mesi lontane dall’Italia, da casa, quasi sei mesi in un paese lontano e in guerra. Un paese che amavate, per cui volevate spendere gli anni giovanili e irruenti. Un paese in cui pensavate di poter fare qualcosa di buono, di poter aiutare la gente, martoriata dalla crudeltà e dal fanatismo. Sei mesi in mano a rapitori pericolosi e nemici, e chissà se erano solo briganti che volevano soldi in cambio di ostaggi, o non vi avrebbero venduto ai vendicatori dell’occidente, come i seguaci del califfo nero si definiscono, che avrebbero scatenato anche su di voi la loro ferocia. Lo sapremo, forse, ma poco importa. 



Conoscete la paura, la solitudine, l’abbandono. Non siete state dimenticate, né lasciate sole. Questo paese pasticcione e inconcludente, questo paese immemore della propria identità e troppe volte incantato da un buonismo che confonde la verità, che non distingue tra lotta per la libertà o per un regime dispotico e bestiale, che si piega alle ideologie ed è pronto a sconfessare l’operato delle sue istituzioni, delle sue forze militari e di sicurezza, non ha perso in umanità. 



Ha fatto di tutto, com’era giusto, come ha sempre fatto. Pagando, ci si chiede già, scandalizzati. E allora? Meglio pagare, sempre, per salvare la vita. Meglio pagare, che piangere. Noi siamo fatti così, siamo diversi, amiamo la vita più della morte. Siamo ancora intrisi di un’antropologia cristiana, che guida d’istinto il nostro agire, e ci muove di slancio. Sono sicura che capite, e siete entusiaste e incredule, desiderose di riabbracciare i vostri cari, i vostri amici. Che avete tanto da raccontare, e mettere in fila i pensieri, le sensazioni che vi hanno fatto crescere e guardare con altri occhi la realtà. 



Anche quella della Siria. Non c’è solo una popolazione oppressa e sfruttata da un regime malvagio causato dall’occidente colonialista e servo del dio denaro. Non c’è solo un popolo che vuole vivere secondo fede e civiltà proprie. C’è una guerra scatenata in nome di un dio, e non è un dio né di giustizia né di amore. Forse non è nemmeno un dio, ma qualcosa che serve a mascherare interessi di potere, o esaltazioni folli di riscatto, di pseudo-verità brandite con la spada o il kalashnikov. Armi pagate e innescate da qualcuno che non vuole certo la pace e il benessere.

Dite la verità, non lo credevate che i cattivi non siamo noi. Ora che vi abbiamo viste pallide, smagrite, rassegnate, ora che vi abbiamo viste macchiate di nero, il capo e il corpo coperto da un nero umiliante, l’avrete capito, che chi vi ha mandato ignare e sprovvedute a portare aiuto in Siria non ve l’aveva detta giusta. Che i cattivi non eravamo noi. 

L’ideologia che copre e giustifica i criminali assassini che si rifanno a un dio impossibile aveva messo insieme una ong improbabile, che cercava proseliti tra giovani appassionati e inesperti e facilmente condizionabili. Tocca fare attenzione.

Poi basta, qualsiasi polemica è fuori luogo: spiace che i milioni pagati possano diventare nuove armi e sostegno ai terroristi, ai giustizieri che vogliono imporre la sharia. Spiace, preoccupa. Spiace se vi hanno fatto del male, Dio non voglia che i vostri occhi abbiamo visto e subito orrori indicibili.  

Ora il nostro governo, che incassa un risultato benedetto, e speriamo che sia opera sua, spieghi com’è andata ai suoi cittadini, se questo non mette a rischio le missioni per liberare altri ostaggi. Via la retorica, via le pompose dichiarazioni d’orgoglio, queste non toccano alla politica, semmai a noi. E via il chador, Greta e Vanessa, tornate a casa, a studiare, a pazientare, prima di combattere le ingiustizie, di conoscere ed avere la maturità per affrontare le conseguenze, senza mettere a repentaglio la vita vostra e altrui; scioglietevi i capelli, mostratevi sorridenti e liete di essere europee, italiane.