NEW YORK — “La religione non è mai la causa del terrorismo”. Il Cardinale Sean Patrick O’Malley accoglie la richiesta di un breve colloquio con ilsussidiario.net appena concluso il suo incontro al New York Encounter, Tim Shriver, nipote di John e Robert Kennedy, ha appena finito di raccontare che solo con il suo arcivescovo di Boston — lo stesso che non ha avuto timore di celebrare le esequie dello zio Ted — riesce ad avere “500 persone che mi ascoltano sugli Special Olympics”. Shriver ha dedicato la sua vita al format originario dei giochi sportivi per i disabili: li ha inventati la madre Eunice, poco dopo l’assassinio del fratello Bob per testimoniare la responsabilità che la famiglia Kennedy ha sempre sentito verso Rosemary, la sorella disabile molto amata dal presidente assassinato a Dallas.
Già, la “vulnerabilità”, la fragilità della persona umana, i muri (apparenti) che si alzano fra uomini che dapprincipio si sentono diversi, lontani. Lo scatto dell’amore (cristiano) che cambia la realtà, che rovescia la prospettiva: è il disabile che insegna l’amore all”abile”, che lo trasforma in un uomo adulto. Ma più “vulnerabili” ci sentiamo da qualche giorno tutti noi, dopo gli attacchi di Parigi: in nome della religione. “No, Papa Francesco è stato chiaro — dice O’Malley al sussidiario — la religione non è mai causa di violenza, non può esserlo”.
Il cardinale cappuccino è ormai ospite abituale al New York Encounter: un avvenimento di libertà religiosa in una metropoli globale come Parigi, colpita prima e più duramente di Parigi dal terrorismo. Prima e più duramente di Boston, dove l’arcivescovo cattolico ha ospitato la prima cerimonia interreligiosa dopo l’attentato alla maratona del 2013. Ma come si vince il terrorismo? Ancora una volta seguendo la via indicata dal Papa: “Con un dialogo paziente, con la volontà di superare tutte le situazioni di ingiustizia”.
Dialogo serio, continuo: era un tratto distintivo di monsignor Lorenzo Albacete, che ha raccontato anche sul sussidiario mille storie dell’America che crede. O’Malley — che all’Encounter di un anno fa era stato protagonista di un confronto serrato con il sacerdote-intellettuale scomparso poche settimane fa — si è soffermato in un ricordo commosso: “Aveva il desiderio continuo di specchiarsi nel volto umano che aveva di fronte: fosse quello di un grande scienziato o della persona più semplice. E sorrideva sempre: voleva sempre bene a chi incontrava”.
Un anno fa, all’Encounter, Albacete aveva chiesto al cardinale le ragioni della fiducia e della speranza nella chiesa americana, attraversata da problemi, scossa da tensioni. O’Malley aveva risposto che i “segnali positivi” venivano soprattutto dall'”affetto” che le comunità cattoliche avevano mostrato attorno ai loro sacerdoti e ai loro vescovi in anni difficili. Il cardinale ribadisce anche all’inizio del 2015 la ragionevole speranza che la “recovery” della Chiesa statunitense stia accelerando, e sottolinea: “L’azione pastorale di Papa Francesco si è mostrata decisiva nell’aiutarci”.
(di Antonio Quaglio)